Il Borgo di Isernia

Isernia domina un paesaggio incontaminato di colline e piccoli borghi, con le diverse sfumature di verde arricchiscono lo sguardo e declinano fino alle prime casette cittadine.

Il borgo è un reticolato di deliziosi vicoletti, che incontrano chiese e case modeste. È una città fiera e testarda, nei secoli in tanti hanno provato a distruggerla ma sono sempre stati più forti i cittadini e la loro voglia di rinascita. Nel 1943 gli americani rasero al suolo un intero angolo del centro abitato ma nessuno aveva voglia di darla vinta ed oggi in quel luogo si trova una piazza, Piazza Celestino V, che con la sua pavimentazione tappezzata ricorda le case e le vite che l’hanno abitata. Su questa piazza si affaccia anche la Fontana Fraterna e come l’acqua che sgorga da questa fonte anche Isernia non si ferma mai e resta in bilico tra la cultura romana del tempio di Giove e il sapore moderno della Cattedrale, tra i sapori genuini e le tradizioni senza tempo. E’ tutto un delicato equilibrio che di Isernia racconta soprattutto la voglia di esserci senza mai dimenticare.

Isernia
Cattedrale Isernia
Isernia fontana fraterna
Palazzo D'Avalos-Laurelli Isernia
Palazzo San Francesco Isernia
Ponte Cardarelli Isernia
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Isernia
Cattedrale Isernia
Isernia fontana fraterna
Palazzo D'Avalos-Laurelli Isernia
Palazzo San Francesco Isernia
Ponte Cardarelli Isernia
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Nel 1978 il ritrovamento di un sito preistorico ha messo in evidenza la presenza umana nel territorio d’Isernia fin da tempi antichissimi. Questa città infatti è certamente la più antica del Molise e forse anche d’Italia, un’informazione deducibile dalla scoperta in località Pineta di antichi suppellettili che dimostrano la presenza nella zona dell’Homo Aeserniensis, che visse 700.000 anni fa ed è considerato l’antenato dell’Homo Erectus

La fondazione vera e propria di Isernia risale al VIII secolo a.C. quando il meridione era abitato dal popolo dei Sanniti, che durante il Ver Sacrum mandava i giovani alla ricerca di nuove terre da conquistare. Isernia venne fondata in una posizione strategica, in un punto di fondamentale importanza per la comunicazione tra le tribù sannite.

I Romani intuirono presto il potenziale di questa cittadina e nel 263 a.C si affrettarono a conquistarla e a fondare una colonia, con diritto monetale. Isernia rimase a lungo fedele a Roma, anche durante le guerre puniche quando venne barbaramente saccheggiata da Annibale. Nel contesto delle guerre sociali, combattute per ottenere la cittadinanza romana, Isernia è stata espugnata dai Sanniti e poi successivamente riconquistata da Silla. Inizia in questo periodo il declino cittadino che avrà una battuta d’arresto solo durante l’Impero di Traiano.

Quando l’Impero romano cadde anche Isernia ha seguito le vicende che hanno attanagliato la penisola italiana e nel 456 d.C. la città è stata distrutta dai Vandali guidati da Genserico.

Durante il dominio Longobardo, Isernia è stata innalzata al rango di contea, inoltre la città ha beneficiato di un nuovo assetto urbano e della costruzione di un castello di alcuni edifici religiosi, soprattutto conventi. Ben presto la città divenne un centro di grande attività culturale, grazie anche all’opera dei monaci benedettini che in cambio hanno ricevuto terre e privilegi.

Il periodo medievale per Isernia non è stato solo un periodo di rinascita, durante l’età di mezzo la città è stata più volte saccheggiata e incendiata. Le imprese barbariche più note sono i tre saccheggi perpetrati ad opera dei Saraceni durante il dominio dei Franchi, in uno di questi circa mille monaci benedettini caddero vittime dei turchi.

Durante il periodo Svevo è passata ad essere città regia.

A partire dal XII secolo, Isernia è stata annessa al Regno di Napoli e si è incanalata nel seguito delle vicende storiche che lo hanno riguardato. Alcuni studiosi sostengono che agli inizi del Milleduecento ad Isernia è nato Pietro da Morrone, successivamente salito al soglio pontificio con il nome di Celestino V, primo papa ad aver abdicato e fondatore dell’ordine conventuale dei Celestini. La questione è ancora oggi controversa e nessuno riesce ad identificare con certezza le radici di questo papa, che sono contese tra Isernia e Sant’Angelo Limosano.

Nel Milletrecento iniziarono per Isernia una serie di successioni dinastiche che terminarono solo nel 1710 quando il feudo è stato riscattato da Cesare Michelangelo D’Avolos. Infine dal 1743 fino alla cessazione della feudalità Isernia è stata città regia.

Sul finire del ‘Settecento, Isernia era la città più popolosa del contado e nel 1799 si oppose con fervore alle truppe francesi che si stavano preparando a conquistare il Regno di Napoli.

Nei due secoli successivi la città è stata sconvolta da diverse calamità e dalle due guerre mondiali ma due sono le ferite più importanti che addolorano il popolo ancora oggi: il terremoto di Sant’Anna, che nel 1805 ha danneggiato gravemente gran parte del Molise e il bombardamento che Isernia ha subito il 10 settembre del 1943, per mano degli Americani.

Nonostante tutto il secondo dopoguerra è stato un periodo di rinascita per la città ed il 3 marzo 1970 Isernia ha avuto l’onore di essere proclamata capoluogo di provincia.

Fontana Fraterna

La fontana Fraterna è il simbolo della città d’Isernia, ed è una delle sei fontane più belle d’Italia. È stata realizzata con blocchi di pietra calcarea provenienti da altri monumenti, alcuni di epoca romana. È composta da lastre di pietra che sorreggono sei colonne con arcate. La lastra più grande, posta al centro, è decorata con delfini e fiori, e probabilmente proviene da una tomba. Anche l’incisione della lastra posta a lato ‘Ae Pont’ ha fatto supporre per lungo tempo che appartenesse ad un monumento funebre della famiglia Pontia e addirittura dello stesso Ponzio Pilato, ma così non può essere.

La fontana è chiamata ‘Fraterna’ perché secondo la tradizione è stata realizzata nei pressi della confraternita fondata da Celestino V, ma pur sapendo questo è comunque difficile datare con certezza la costruzione dell’opera, perché, appunto, è stata realizzata con pezzi di altri monumenti e perché la sua collocazione originaria non era quella in cui oggi si trova.

Una lastra a lato lascia intendere che la fontana è stata voluta dai Rampiniani, famigliari di Maria Rampino, moglie di Benedetto d’Isernia che all’epoca di Federico II è stato un grande cancelliere. Anche altri elementi lasciano supporre che si possa datare questo monumento al periodo federiciano. In primo luogo perché la costruzione è tipica dell’epoca, sia nell’architettura che nella forma; in secondo luogo per alcuni elementi stilistici, come ad esempio la riproduzione del numero tre nella struttura che è divisa in tre parti, e nelle colonne, che sono, appunto, tre rotonde e tre ottagonali.

Nonostante questi indizi non si può essere certi che risalga al periodo del dominio Svevo, perché la fontana, che originariamente si trovava vicino alla cattedrale, nell’Ottocento è stata smontata e ricostruita nel luogo dove oggi si trova, per agevolare il passaggio del corteo reale durante una visita del sovrano ad Isernia. In realtà non si è neppure sicuri che quella che oggi vediamo sia la forma attuale, sebbene gli elementi della struttura coincidano tutti.

La Fontana Fraterna inoltre è stata gravemente danneggiata durante i bombardamenti del 1943 e anche successivamente è stata nuovamente smontata e ricostruita più volte, non sempre seguendo un rigore storico-scientifico.

Oggi la fontana resta comunque il fulcro della vita d’Isernia e il simbolo più prezioso di questa città.

Cattedrale di San Pietro Apostolo

Ad Isernia i Romani edificarono un imponente tempio dedicata alla loro massima divinità: Giove. Per continuità di culto, nello stesso luogo i cristiani hanno successivamente costruito una cattedrale consacrata a San Pietro Apostolo, successore diretto di Gesù Cristo.

Nel corso dei secoli calamità naturali ed incuria umana hanno portato quest’edificio sacro a dover subire numerosi rifacimenti che ne hanno alterato le fattezze originarie. L’aspetto che oggi vediamo si deve in gran parte alle modifiche apportate nel XIX secolo per volontà del vescovo Paladino che ha voluto dare alla chiesa un’impronta neoclassica, come si può vedere fin dalla sua facciata. Il prospetto è caratterizzato da un timpano in travertino, sorretto da pilastri laterali e quattro colonne centrali.

I segni di altre modifiche dovute ad epoche passate sono ancora visibili nell’edificio, ne è un esempio il portale in stile barocco, ormai cieco, che si trova lungo la fiancata sinistra della cattedrale.

Anche le modifiche agli interni hanno seguito le linee guida del vescovo Paladino. Oggi lo spazio è suddiviso in tre navate, sulla contro-faccia della navata centrale si trova la cantoria in legno a cui sono collegate le canne dell’organo, mentre la consolle dello stesso si trova nel transetto. Sebbene sia recente, perché realizzato negli anni Novanta del ‘Novecento, quest’organo è uno dei pezzi più pregiati custoditi nella chiesa, ed è stato realizzato dalla ‘ditta organaria padovana Fratelli Ruffatti’.

La calotta della cupola, realizzata tra il 1927 e il 1928, non ha subito danni né durante il bombardamento del 1943, né durante il sisma del 1984, ed è quindi uno dei pochi elementi ad aver mantenuto il decoro originale con affresco, il cui tema centrale ruota attorno al dogma dell’Assunzione.

La pavimentazione è uno degli elementi più recenti, perché è stata realizzata nel 2002 ed è stata voluta per gran parte in vetro per esaltare gli scavi archeologici.

Uscendo dalla cattedrale, accostata alla fiancata sinistra si trova la torre campanaria, che sorge sullo stesso luogo di una più antica. La torre è conosciuta anche come ‘arco di San Pietro’ per via dell’arco attraverso cui passa Corso Marcelli. L’aspetto attuale è dovuto ai restauri nel 1456, è una torre tozza a base quadrata, divisa dai cornicioni in quattro parti, in alto si trova l’orologio civico.

Tempio di Giove

Dove oggi si può vedere la Cattedrale di San Pietro Apostolo a Isernia, nel III secolo a.C. i Romani avevano edificato un imponente tempio probabilmente consacrato alla Triade Capitolina: Giove, Giunone e Minerva. I resti di questo antico edificio si possono ammirare in parte sotto la cattedrale ed in parte sotto all’adiacente episcopio. Sebbene il perimetro dei due luoghi di culto fosse simile, l’ingresso del tempio si trovava in posizione diametralmente opposta rispetto a quello della cattedrale e si affacciava sull’attuale Vico Giobbe, trasposizione di Via di Giove. Nonostante questo però l’attuale facciata poggia sul basamento del foro e non sulla parte posteriore del tempio, che infatti era leggermente arretrata.

All’interno del tempio si trovano due sarcofaghi che sono stati utilizzati per la sepoltura cristiana, probabilmente di due vescovi. Gli ambienti erano ricchi di decori brillanti, infatti molti colori sono giunti fino a noi. Purtroppo il Tempio di Giove ha subito numerosi danni durante i terremoti che hanno colpito Isernia, gli studiosi però hanno scelto di lasciare le parti crollate esattamente dove si trovavano per favorire la continuità dell’edificio.

Museo Nazionale del Paleolitico d’Isernia

Il Museo Nazionale del Paleolitico d’Isernia è situato in località La Pineta, nelle vicinanze della città. Nel 1978 durante i lavori per la costruzione dell’autostrada Napoli-Vasto sono stati rinvenuti importanti reperti archeologici e da allora le attività di ricerca e scavo non si sono mai fermate in quest’area.

Il sito archeologico La Pineta è tra i più importanti d’Italia, sia per la vastità del numero di reperti ritrovati, sia perché sono state rinvenute tracce dell’uomo primitivo più antico d’Italia, identificato come Homo Isearniensis che visse circa 700.000 anni fa.

Il museo è stato ideato come un vero e proprio laboratorio permanente: attraverso una serie di padiglioni i visitatori possono conoscere il lavoro e le scoperte fatte in questi anni ma si può anche assistere alle operazioni di studio. Il padiglione più importante del museo è infatti quello degli scavi archeologici, grande circa 700 mq, e diviso su due livelli. A livello inferiore si svolgono le operazioni di scavo, a livello superiore si trovavo i visitatori che possono assistere dal vivo ai lavori. La presenza di una copertura in questo luogo, che è il più ricco di testimonianze dell’intera zona, ha permesso la continuità di ricerca anche nei mesi invernali.

Molti dei reperti ritrovati in questi anni di scavo, dopo essere stati restaurati e ora sono conservati nella sala espositiva, dove opportuni pannelli esplicativi raccontano la storia di questo sito ma anche la caratteristica degli oggetti rinvenuti. L’ultimo padiglione infine è quello didattico, grande circa 800 mq, in cui si può ripercorrere la lunga storia dell’evoluzione umana, passando dal Paleolitico all’Età dei Metalli, con un’attenzione in più sulla Preistoria del Molise. In questo padiglione si trovano anche le ricostruzioni di ambienti preistorici, come una capanna paleolitica e la riproduzione del riparo sotto roccia di Morricone del Pesco, un sito archeologico in cui sono state ritrovate incisioni a linea continua e pitture rupestri di colore nero.

Il Museo Nazionale del Paleolitico d’Isernia ha una grandissima valenza storica, riconosciuta anche dell’Unesco che gli ha attribuito il prestigioso scudo blu, a garanzia di protezione internazionale in caso di conflitto e calamità naturale.

Sito Archeologico La Pineta

I siti preistorici presenti in Italia sono innumerevoli, perché La Pineta ad Isernia è considerata più importante di altri? Rispondere a questa domanda è tanto semplice quanto complesso. Come spesso accade questo sito archeologico è stato scoperto per caso, durante i lavori di sbancamento per la costruzione di un’autostrada, era il lontano il 1978 e da allora il lavoro di ricerca e studio interdisciplinare non si è mai fermato. La vastità di reperti ritrovati nella zona sta permettendo di ricostruire l’ambiente e il modo in cui visse un uomo primitivo (Homo Aeserniensis) che abitò questa zona 700.000 anni fa e che di fatto è conosciuto come il primo accampamento umano d’Europa.

Negli anni si è stati in grado di accertare che l’ambiente in cui questo ominide ha vissuto corrisponde alle fattezze dell’ecosistema della Savana Africana e che nella zona fossero presenti grandi mandrie di bisonti, ma anche rinoceronti, ippopotami, orsi, elefanti, cervi, daini e tar.

La presenza di importanti quantità di manufatti litici, come pezzi di lance e schegge, ricavati da pietre calcaree e selce, ha permesso di giungere a due conclusioni: che questi ominidi avevano una grande conoscenza del territorio e che era loro usanza macellare le carni d’animale. Infatti sono tantissime le schegge in selce ritrovate su cui sono presenti resti di carne animale. È evidente quindi che questi primi uomini avessero l’idea di come sfruttare al meglio le risorse che l’ambiente offriva per garantirsi la propria sopravvivenza.

Alcuni scavi hanno evidenziato inoltre la presenza di ambienti più umidi nella zona, probabilmente piccoli laghetti formati dallo scorrere delle acque e dall’ esistenza di rilievi. I reperti ossei ritrovati in quest’area ed in particolare lungo la terra lambita dalle acque ha fatto ipotizzare che era un’usanza trascinare le carcasse di animali vicino a questi laghetti, probabilmente perché erano considerate zone più sicure, ma anche perché qui le carcasse venivano spezzettate e macellate, e la presenza di un ambiente umido attenuava l’odore della putrefazione.

Come abbiamo visto questo sito è un anello fondamentale per ricostruire la storia millenaria dell’Europa, anche per questo nel 1999 è stato inaugurato un padiglione chiuso in un area di scavo di 700 mq, che permette sia la continuazione del lavoro di ricerca anche nei mesi più rigidi e sia la fruizione da parte dei visitatori del museo.

La Località Pineta e l’istituzione di un Museo Nazionale del Paleolitico ha una grande valenza simbolica per il Molise e per l’Italia, perché negli anni ha offerto lavoro a tantissimi giovani ricercatori e continua ad essere una fonte di speranza: nel 2017 le visite di questo museo sono aumentate in maniera esponenziale.

La città dei merletti

Ancora oggi d’estate passeggiando per le stradine di Isernia capita di imbattersi in donne che sedute davanti all’uscio di casa hanno la testa tuffata tra le trame eleganti dei merletti realizzati a tombolo. Le mani muovono con sapienza i fuselli, mentre scambiano chiacchiere leggere come l’aria che le circonda. Il tombolo è un’arte delicata che a Isernia si tramanda ancora, passa dalle anziane alle bambine portando avanti una tradizione che affonda le radici in tempi che non hanno più data. In passato per le ragazze in età da marito e ancora di più per le loro madri e per le loro suocere la dote del corredo era di notevole importanza, ed era un pregio avere pezzi adornati da fini merletti al tombolo. Per questo le donne che non andavano in campagna si dedicavano con attenzione e precisione a questa nobile arte, che aveva un mercato certo. Il tombolo si lavora ancora oggi sul tradizionale cuscino a forma di rullo, detto ‘pallone’. I merletti realizzati con questa antichissima tecnica sono vere e proprie opere artistiche ma la loro presenza nelle case degli italiani è diventata una rarità. Una cerchia ristretta di persona pratica ‘l’arte del bello’, intesa come valorizzazione di un pizzo artigianale, sono veramente pochi a saper riconoscere il valore di quello che hanno davanti e ancora meno quelli che sono in grado di poter pagare per averlo.

Nonostante questo in Molise la produzione di merletti continua ancora, Isernia è la capofila ma è seguita da un corteo di piccoli e grandi borghi che puntano ad andare contro corrente e a portare ad una rivalutazione di questa eccellenza tutta italiana.

Celestino V

Celestino V nacque agli inizi del Milleduecento con il nome di Pietro del Morrone. Ancora oggi il suo luogo di nascita è conteso tra la Città di Isernia e Sant’Angelo Limosano.

Per gran parte della sua vita è stato eremita su un monte vicino Sulmona e nel 1264 ha fondato una confraternita di monaci eremiti, che prese appunto il nome di Confraternita dei Celestini.

Ben presto si diffuse la sua fama di cristiano eccelso e in odor di santità. In seguito alla morte di papa Niccolò IV nel 1292 il soglio papale rimase vacante per ben due anni, fin quando i prelati non puntarono l’attenzione sul monaco eremita, che aveva anche il favore di Carlo d’Angiò.

Venne consacrato papa nel 1294 con il nome di Celestino V, ma la sua età avanzata non lo favorì e ben presto si rese conto di essere impotente davanti alle richieste dei suoi confratelli e soprattutto di Carlo D’Angiò. Per questo decise di abdicare già nel dicembre del 1294,

Il suo successore fu papa Bonifacio XVIII, famoso per aver condannato Dante all’esilio e per aver speculato sulla vendita delle indulgenze. Bonifacio VIII quando era ancora cardinale esercitò pesanti pressioni sul papa, favorendo di fatto la sua abdicazione. Nel timore di un cambio di idea una volta salito al potere mise sottocontrollo Celestino V e successivamente lo rinchiuse nel Castello di Fumone, dove morì nel 1296.

Nel 1313 è stato canonizzato.

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La cipollata

Qualcuno la ama, qualcuno la odia: la cipolla è sicuramente tra gli ingredienti più controversi della cucina italiana. Isernia vanta la produzione di una cipolla tipica, che prende il nome dalla città molisana e si riconosce per il caratteristico colore bianco e per il bulbo leggermente schiacciato, per cui il piatto tipico di questo borgo non potrebbe essere nient’altro che La Cipollata.

Ingredienti:

  • 8 cipolle medie d’Isernia;
  • 4 uova intere;
  • olio extravergine d’oliva;
  • sale;

Procedimento:

Tagliare le cipolle a strisce sottili e lavarle con acqua corrente per renderle più dolci. In una padella riscaldare alcuni cucchiai d’olio e dell’acqua e poi versare le cipolle e lasciarle stufare. Dopo poco aggiungere sale e prezzemolo tritato e coprire la padella con un coperchio, quando saranno appassite aggiungere delle uova intere, rompendole direttamente in padella, e coprire nuovamente. Quando le uova avranno formato la caratteristica ‘camicia’ saranno pronte.

Questo piatto anticamente veniva preparato per la colazione degli agricoltori che avevano bisogno di nutrimento ed energia per lavorare la terra.

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