Il Borgo di Torrita di Siena
Tintinna la campana della chiesa di Santa Flora e Lucilla, risuona nella piazza e per i vicoli scoscesi, chiama i suoi fedeli da ogni dove. È un alone di leggenda e fascino quello che aleggia su Torrita di Siena, cinta ancora dai resti delle mura del 1100. Oltre queste e le sue porte originarie si stende la Val di Chiana.
Piazza Matteotti è il cuore del centro storico, si affacciano la chiesa madre, il Palazzo del Comune e il Teatro degli Oscuri, gioiello settecentesco. Il teatro è stato voluto dall’Accademia degli Oscuri che dal secolo dei lumi rischiara le ombre culturali di Torrita di Siena.
Nell’infinito verde della valle spicca il rosso borgo di Torrita, con i suoi mattoni in cotto che ricordano la lealtà per la vicina Siena. Di pietre a vista sono fatti anche gli edifici di Montefollonico, che da seicento metri d’altezza guarda alla Val d’Orcia e dalla Val di Chiana. Risuona anche qui la campana del Palazzo di Giustizia, si racconta che da secoli tiene lontane le tempeste.
Sono borghi piccoli, da gustare a piccoli sorsi come si fa con il vinsanto, per non rischiare di ubriacarsi con la loro bellezza.
La storia
Torrita di Siena è un piccolo borgo che si trova nella parte occidentale della Val di Chiana.
La sua storia inizia ufficialmente nel 1037, quando il toponimo Torrita viene menzionato su un codice miniato. A quel tempo era considerato solo un castello e nel 1100 viene protetto da una cinta muraria con torrioni e porte d’accesso. Nel 1210 l’imperatore Ottone IV lo eleva a feudo e lo affida alla guida della famiglia Cacciaconti.
Per il suo punto strategico Torrita di Siena è stato particolarmente importante durante i conflitti con Montepulciano e con Perugia e nel 1260 ha partecipato attivamente alla battaglia di Montiaperti contro i guelfi fiorentini.
È stata da sempre fedele alla Repubblica di Siena, di cui ha rappresentato un valido baluardo di difesa. Della lealtà e del coraggio di Torrita è conservata memoria nel Palazzo Pubblico di Siena, nella Sala del Mappamondo, dove un affresco rappresenta la Battaglia della Val di Chiana, una delle più cruente combattute in zona e disputate appena fuori dal borgo di Torrita, raffigurato poi nel dipinto.
Lo stemma della famiglia dei Medici sulla torre del palazzo comunale testimonia che nel 1554 anche Torrita di Siena è rientrata tra i possedimenti della famiglia fiorentina.
In seguito al plebiscito che nel 1860 l’ha annessa al Regno d’Italia, Torrita di Siena ha seguito le sorti e le vicende che hanno accomunato tutta la penisola.
Nel ‘Novecento questo borgo ha conosciuto un grande sviluppo, che ha interessato in particolare il settore dell’artigianato e della lavorazione del legno.
Montefollonico
Montefollonico dalla sua posizione in altura guarda alla Val di Chiana e alla Val D’orcia. Si trova a pochi chilometri da Torrita di Siena ed è la sua unica frazione.
È un grazioso borgo in cui si respira ancora l’essenza del medievo, con le sue case dalle pietre a vista e l’insieme di tortuosi vicoli che formano il centro abitato.
Il palazzo della Giustizia in passato era il centro del potere politico, qui infatti si tenevano i consigli di governo cittadino. Sulla facciata si trova il pubblico orologio, costruito a Panicale nel 1728. In alto si trova la campana, che secondo la leggenda tiene lontane le tempeste. Davanti al palazzo si trova la pubblica cisterna e il suo davanzale, su cui si trovano tre antichi stemmi gentilizi.
In contrapposizione, alle spalle di questo palazzo si trova la chiesa di San Leonardo, uno dei luoghi di culto più importanti nella zona.
Storia di Montefollonico
La storia di Montefollonico ha inizio in un passato molto remoto. Alcuni ritrovamenti litici attestano la presenza umana già circa sessantamila anni fa, quando la terra era abitata dall’Uomo di Neanderthal.
Un primo nucleo abitativo si sviluppa in altura, probabilmente questo villaggio era particolarmente dedito alla lavorazione e alla tintura della lana, perché in latina fullones indicava proprio coloro che lavoravano i panni.
Intorno all’anno Mille questo borgo era di proprietà della famiglia degli Andinughi, che qui costruirono il palazzo del contado e le abitazioni di artigiani e soldati. Lo sviluppo del centro urbano si attesta tra il XII e il XIII secolo e nel 1202 Montefollonico viene nominato per la prima volta su un documento scritto.
La collocazione di Montefollonico, posto in altura ma anche in un punto di confine, lo ha reso bersaglio facile per razzie e assedi e a poco è servita la costruzione della cinta muraria.
Nel 1543 il borgo si arrese alle truppe di Carlo V e poco dopo è rientrato tra le proprietà della famiglia dei Medici.
Nel ‘Settecento la scoperta di un giacimento di Ligniti a pochi km dal centro abitato cambiò la sua storia.
Oggi Montefollonico è un delizioso borgo, ricco di stradine caratteristiche racchiuse tra le mura in cotto e pietra spenta, costruite nel Milleduecento.
Chiesa di Santa Flora e Lucilla
Elegante con il rosso dei suoi mattoni e il campanile squadrato che le svetta accanto. La chiesa di Santa Flora e Lucilla è uno dei punti più antichi del centro storico di Torrita di Siena.
È stata costruita nel XIII secolo, con un stile romanico che la rende bella ma anche estremamente semplice. Il prospetto principale è rivestito da mattoni in cotto e decorato da un rosone centrale e da un caratteristico portale con arcate a tutto sesto.
L’interno a navata unica è ricco di opere d’arte, tanto che sempre più spesso viene considerata un vero e proprio museo. Spiccano in particolare le tele di Scuola Fiorentina realizzate nel ‘Quattrocento. Agli anni Trenta di questo secolo risale anche Il Sangue del Redentore, una lunetta in marmo che è attribuita a Donatello.
Nel XIX secolo questa lunetta è stata spostata dalla Chiesa della Madonna delle nevi al vestibolo dell’Ospedale dei Maestri ed oggi è conservata in questa chiesa, ma non si conosce la sua collocazione originaria, probabilmente faceva parte di un tabernacolo.
Teatro degli Oscuri
Nel 1760 gli intellettuali di Torrita di Siena diedero vita all’Accademia degli Oscuri, il cui motto era “ab umbram lumen” indicando con ciò l’intento di portare in luce la verità attraverso lo studio della scienza e la lettura attenta di poesia e letteratura.
L’accademia fu anche promotrice della cultura del teatro, che trovò una prima casa in una sala del palazzo comunale, concessa appositamente nel 1776.
Ben presto la sala si rivelò poco adatta ad ospitare un pubblico esterno, per questo l’accademia chiese un restauro che non solo venne prontamente accolto ma diventò l’occasione per realizzare concretamente un teatro.
Nel 1866 il teatro venne interessato da nuovi lavori e nel 1870 venne inaugurato in una nuova veste, con ventitre palchi distribuiti su due livelli. Risalgono invece al 1904 le decorazioni pittoriche, realizzate da due artisti provenienti da Montepulciano.
Nella prima metà del ‘Novecento il teatro diventò un luogo di incontri, adibito alle proiezioni cinematografiche. Tuttavia l’accademia fu costretta a cedere i diritti al fascio di combattimento.
Nel 1955 il comune di Torrita di Siena ha acquisito il teatro, lo ha restaurato e restituito alla comunità con il nome di Teatro degli Oscuri. Da allora il teatro non ha mai calato il sipario e continua a portare sul palco spettacoli per piccoli e grandi.
Chiesa di San Leonardo, Montefollonico
La chiesa di San Leonardo è una delle chiese madri più importanti del territorio. Costruita in stile romanico, si trova in una posizione sopraelevata rispetto all’assetto stradale.
La facciata con tetto a capanna è stata realizzata in pietra locale e decorata con archi ciechi e una cornice a dente di sega lungo gli spioventi del tetto e una delle linee della grondaia. Il portale è un arco a tutto sesto affiancato da colonnine con capitelli scolpiti che sorreggono l’architrave. Nella lunetta si trova un affresco realizzato nel 1986, che ha sostituito il precedente andato distrutto. Il dipinto raffigura la Madonna con il Bambino e i santi Bartolomeo e Leonardo.
L’interno è a navata unica, rimaneggiato con un’impronta tardo barocca. È ricca di opere pittoriche e statue sacre ma tra le tante è particolarmente importante il crocifisso ligneo che si trova nella cappella di sinistra, posto su un altare in legno intagliato di pregevole fattura. Il crocifisso è stato realizzato nel XIII secolo ed è venerato soprattutto perché secondo la tradizione popolare pare abbia guarito la moglie del beato Brandano, un eremita vissuto nel XIV. La figura di quest’uomo è stata rappresentata in una tela che si trova alle spalle del crocifisso, è stato raffigurato insieme ad altri santi in adorazione.
Oltre alle opere pittoriche, nella chiesa sono conservati due calici in argento bulinato del XV secolo e un codice miniato del XIII secolo che prima si trovava nell’abbazia benedettina di Santa Maria de Felonico, di cui oggi restano solo parti delle fortificazioni.
Il Tondo, Montefollonico
Ci sono luoghi che accolgono i nostri pensieri, lontano dai rumori delle città. Luoghi che regalano quiete e silenzio, come solo la natura sa offrire. IL Tondo è uno di questi, un parco su una collina senese, a circa seicento metri d’altezza, poco distante da Montefollonico.
Il Tondo è un parco che di recente è stato sottratto all’abbandono e all’incuria e restituito alla comunità. Immerso in un bosco di latifoglie, percorrendo gli antichi sentieri si arriva ad ammirare un panorama unico. Due tavoli rotondi di pietra si offrono per una sosta o per un pranzo fuori porta.
Immerso in una vegetazione boschiva di querce, lecci, ginepri e ginestre sono nate vegetazioni spontanee molto rare e una colonia di orchidee. Non di rado poi capita di incontrare la Luscegnola, un rettile nato dall’incrocio tra il serpente e la lucertola che colpisce subito per il suo aspetto singolare. Oltre a questa particolare eccezione, la fauna che abita Il Tondo è quella tipica del microclima toscano, composta essenzialmente da scoiattoli, cinghiali, caprioli, tassi e varie specie di volatili.
Il palio degli asinelli
Il palio degli asinelli a Torrita di Siena è un rituale a cui non si sa rinunciare. Lo si aspetta per un anno intero, lo precedono giorni di preparativi e fermento e lo accompagnano sguardi attenti e fiati sospesi.
Il palio si svolge il nella seconda metà di marzo, presso il Gioco del Pallone, una struttura che si trova vicino alle mura di Torrita, immersi in uno scenario medievale con tanto di costumi d’epoca.
Gli asini vengono sorteggiati per essere assegnati ad ogni contrada e correranno su piste di tufo. Sono animali testardi ed imprevedibili eppure in loro vengono riposte le speranze dei contradaioli più accaniti e dei fantini. La vittoria non è mai certa, tutto può accadere e solo quando il primo somaro termina i quattro giri della pista si sa quale contrada si è aggiudicata il drappellone dipinto. Il resto è una grande festa, che si conclude nella sede della contrada vincitrice.
Montefollonico, il borgo del vinsanto
Il vinsanto è un vino liquoroso adatto ad essere accompagnato ai dolci. E quale miglior dolce dei cantucci toscani?
Il Vinsanto rientra nel cuore delle tradizioni toscane (ed umbre), è un vino passito, cioè ottenuto da uve disidratate, solitamente Trebbiano e Malvasia.
“Lo gradireste un goccio di vinsanto?” ci si sente chiedere nelle case toscane, una domanda che si ripete da secoli. Offerto a piccole dosi per evidenziare il suo essere pregiato, il vinsanto rappresenta il senso di ospitalità di questa terra.
Montefollonico è conosciuto oggi come “il borgo del vinsanto”, il territorio che circonda il borgo è ricco di vitigni certificati. Alla fine del processo di lavorazione il prodotto ottenuto è di alta qualità, frutto della passione dei produttori che lavorano nel rispetto della antiche tradizioni. Per questo Montefollonico è conosciuto come “il borgo del vinsanto” ed oggi in tanti partecipano al concorso del miglior vinsanto prodotto in casa. Una giuria di esperti enologi valuta la miglior produzione e Montefollonico offre l’occasione per visitare il suo bellissimo borgo medievale. Al termine dei due giorni di festa, le premiazioni vengono affisse sul portale del Palazzo della Pretura, dove un tempo si affiggevano i proclami cittadini.
Ghino di Tacco
Ghino di Tacco è il Robin Hood del territorio senese. Un po’ storia e un po’ leggenda, ancora oggi rimane avvolto in un aurea di mistero.
Ghino di Tacco è nato nella seconda metà del Milleduecento nella Fratta di Torrita. Figlio di nobili nel tempo in cui la nobiltà era dedita al brigantaggio e come suo padre anche lui sceglie la stessa strada, affiancandosi ai ribelli ghibellini che avevano conquistato una parte della Val di Chiana intorno al 1288.
Era dedito ai sequestri di persona e ai furti lungo la via Francigena, considerati però come forma di sostegno economico e commessi solo ai danni dei suoi nemici, per lo più nobili mercanti appartenenti alla borghesia cittadina.
Viene dipinto come un crudele delinquente ma anche come un personaggio ricco di umanità. Quando il giudice Benincasa da L’aretina firma la condanna a morte di suo fratello e di suo zio è lo stesso Ghino a recarsi personalmente a Roma per decapitarlo nelle sale del tribunale. Con la testa ancora attaccata alla spada ritorna nella sua rocca di Radicofani e lascia appeso il bottino per mesi nel punto più alto del castello.
Nel canto VI del Purgatorio Dante cita proprio l’omicidio del giudice aretino e parla di Ghino di Tacco come un uomo dalle “braccia fiere”, intendo con questo aggettivo che fosse un uomo feroce e sanguinario. Del resto il poeta Dante apparteneva ai guelfi, fazione politica avversaria dei ghibellini ed era inoltre amico del giudice Benincasa. Una visione totalmente opposta di questo personaggio ce la dà Giovanni Boccaccio, che dedica a Ghino la seconda novella del Decameron e lo descrive come un gentiluomo saggio che vive di compromessi tra i suoi ideali e lo spirito di sopravvivenza.
Mistificato e descritto come un brigante crudele e senza scrupoli anche se i documenti storici ci restituiscono l’immagine di un uomo rispettato anche nelle aule del tribunale, che ricevette un trattamento diverso proprio in virtù della sua levatura morale e del suo ruolo di capo dei Ghibellini. Del resto Ghino di Tacco fu inviso anche da Papa Bonifacio VIII, perché rapì un suo cardinale ma lo rilasciò senza chiedere riscatto. Per questo ottenne la nomina di cavaliere dell’esercito pontificio e la protezione del papa.
Quando Bonifacio VIII morì, Ghino di Tacco ritornò nella Val di Chiana dove però non si era ancora spento il risentimento nei suoi confronti. Ben presto cadde vittima di un agguato nelle vicinanze dell’odierna Sinalunga e venne assassinato.
La sua figura leggendaria ancora oggi incuriosisce e stimola studiosi e scenografi, che non smettono di raccontare le sue gesta e le sue scorribande sui palchi scenici teatrali.
Giulio Neri
Giulio Neri è nato a Torrita di Siena nel 1909. La sua partecipazione al coro parrocchiale gli permette di farsi conoscere dai suoi concittadini per la prestanza fisica ma soprattutto per la sua voce. Durante un matrimonio viene notato da un esperto che lo convince a presentarsi per gli esami dell’Accademia Santa Cecilia a Roma. Questo è il primo passo verso la sua carriera di cantante che inizierà ufficialmente nel 1935. In quest’anno partecipa ad importanti concerti affianco a grandi nomi della musica dell’epoca e debutta per la prima volta a teatro, a Castelfiorentino, con la Favorita. È un grande successo di pubblico e di critica che gli permette l’anno successivo di approdare sul palcoscenico dei teatri della più grandi città italiane, tra cui Milano, Napoli e il Teatro dell’Opera di Roma. Inizia anche una lunga tournee che lo porta in giro per il mondo.
Si fa conoscere al grande pubblico come l’interprete principale delle opere di Wagner, di cui porterà in scena quasi l’intero repertorio.
La sua voce calda e potente non si può scordare e gli si riconosce soprattutto la bravura di saperla modulare in base ai personaggi che porta in scena. Sceglie sempre ruoli adatti alle sua tonalità vocali e riesce a dare la giusta rilevanza a tutti personaggi, siano essi protagonisti o parti minori e brevi.
A causa dei problemi di salute è costretto ad abbandonare le scene nel 1958 e conclude la sua carriera portando in scena Norma, al Teatro dell’Opera di Roma.
Insieme a Maria Callas partecipa ad un altro concerto, ma lo spettacolo s’interrompe bruscamente dopo la fine del primo atto nonostante la presenza di Giovanni Gronchi, allora Presidente della Repubblica.
Muore il 21 aprile del 1958.
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I cenci
I cenci sono la variante toscana della chiacchiere di carnevale, un dolce semplice e gustoso che rallegra grandi e piccini.
Ingredienti:
- 250 gr di farina 00;
- 40 gr di zucchero;
- 2 uova;
- 20 gr di burro;
- 10 ml di olio extravergine d’oliva;
- Un pizzico di sale;
- Olio per frittura;
- Zucchero a velo, q.b.
Preparazione:
Disporre la farina “a fontana” e mettere nel centro lo zucchero, le uova, l’olio, il burro e un pizzico di sale. Lavorare il tutto con la punta delle dita, fino ad ottenere un composto morbido ed elastico, infine arrotolarlo a mo’ di palla, coprirlo con un canovaccio e lasciarlo riposare per circa trenta minuti.
Trascorso il tempo necessario, lavorare nuovamente un po’ l’impasto ed infine stendere la sfoglia, con l’aiuto di un mattarello precedentemente infaritanto. La sfoglia ottenuta dovrà essere sottile e va tagliata a rettangoli con un rullo seghettato da cucina.
In una padella alta versare olio per frittura in abbondanza e una volta riscaldato immergere i cenci pochi alla volta. Farli dorare tenendo in considerazione che friggono in poco tempo.
Una volta pronti scolarli e riporli in un contenitore coperto con carta assorbente, per eliminare l’olio in eccesso. Disporli su un tegame e cospargerli con zucchero a velo.
Il miglior modo per gustarli? Senza dubbio accompagnati da un goccio di vinsanto, brindando alle antiche tradizioni.
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