The Borgo of Rovereto
Veloce e instancabile come il Leno, torrente che attraversa la città e la divide in due nuclei distinti. Rovereto è una città dinamica e curiosa che ha fatto delle sue ferite un punto di forza, da mostrare e mai da nascondere, per questo risuonano per le vallate i rintocchi della campana della Pace. È monito per chi della guerra ha solo sentito parlare, per chi non lo sa che qui hanno combattuto gli uni contro gli altri, figli della stessa terra. Rovereto questo non lo può dimenticare e non può permettere che venga dimenticato, è un ricordo vivo e doloroso, una ferita che sanguina ancora.
Questo borgo, accoccolato nella valle dell’Adige, è punto d’incontro tra la cultura del nord Europa e quella del Sud Europa. Difficile metterle in comunicazione, eppure qui è tutto possibile. Qui, a Rovereto, dove s’incontra l’arte più diversa: quella raffinata e borghese del ‘Settecento, fiorita insieme all’Accademia degli Agiati e al teatro Zanardi e quella audace e sempre in movimento della Casa d’Arte Futurista e del Mart.
Rovereto è una città che unisce, che abbraccia tutti sotto i suoi tetti. È una città che ama e che vive ma soprattutto è una città che cresce e che mai potrà smettere di farlo.
La storia
Rovereto è un centro urbano di antica fondazione ed è oggi tra i più importanti del Trentino Alto Adige.
Alcuni scavi archeologici hanno riportato alla luce una necropoli cristiana e delle tombe barbariche che testimoniano le origini remote degli insediamenti abitativi.
Rovereto compare nelle prime fonti scritte solo nel XIII secolo.
Quando si trovava sotto la protezione della famiglia Castelbarco la città venne fortificata con una cinta muraria ed un castello.
Nel’Quattrocento diventa possedimento della Repubblica di Venezia, a cui apparterrà per circa un secolo prima di passare sotto il dominio austriaco.
In questi secoli Rovereto diventa un centro borghese, la cui crescita è favorita anche dalla coltivazione di Gelsi e dalla filatura della seta. Nel ‘Settecento Rovereto è un borgo vivace e attivo sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista culturale, in questo periodo infatti viene istituita l’Accademia degli Agiati che trova sostegno anche nell’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
Venne occupata più volte dalle truppe napoleoniche ma ritornò poi sotto la guida dell’impero asburgico.
La ferita più grande che Rovereto ricordi è quella della Grande Guerra. Negli anni del conflitto mondiale la città ha visto combattere i suoi figli gli uni contro gli altri e cadere non per mani nemiche ma sotto il fuoco di quelli che fino a poco tempo prima erano fratelli.
Inoltre lo svolgimento ravvicinato delle operazioni belliche ha causato la distruzione quasi totale del cento abitato. Rovereto è stato ricostruito in fretta e da allora è diventato Città della Pace e per ricordarselo ha utilizzato il metallo dei cannoni per realizzare una campana, che risuona oggi come un monito di pace e di speranza.
Borgo Sacco
Borgo Sacco è stato un comune autonomo fino al 1820, anno in cui è diventato frazione di Rovereto.
È sempre stato un centro economicamente vivace, favorito anche dalla presenza di un porto fluviale. In questo borgo si trovava la Gilda degli zattieri, che controllavano la navigazione e il commercio su zattere.
Nell’Ottocento venne aperto un’importante manifattura tabacchi, che riforniva tutto l’impero austro – ungarico. Un monumento rende merito all’operato delle “zigherane”, cioè le lavoratrici del tabacco.
Ilario – Brione
Su un’altura dove tradizionalmente si svolgeva una fiera mercato venne costruita la chiesa di sant’Ilario, con annesso un ospedale per lebbrosi e un ricovero per pellegrini. Il complesso religioso godeva di numerosi benefici e beneficiava di rendite economiche che gli permisero di crescere sempre di più.
Oggi Ilario è un centro residenziale, a cui è stato integrato il nuovo quartiere di Brione.
Lizzanella
Il toponimo di questo borgo deriva dalla vicinanza con la frazione di Lizzana.
Qui nell’ Ottocento si trovava una filanda, tra le prime in Italia ad utilizzare le macchine a vapore per migliorare e velocizzare il processo produttivo.
A Lizzanella si trova la chiesa di Sant’Antonio Abate e nel giorno in cui si celebra il santo è tradizione portare gli animali per la benedizione.
Lizzana
Lizzana si trova in una posizione strategica per il controllo della vallata. Probabilmente anche per questo qui si trovava un insediamento pre – romano.
Posta sotto la guida della famiglia Lizzana e poi dei Castelbarco, nel 1810 diventò frazione di Rovereto.
Si narra che da Lizzana sia passato anche il Sommo Poeta Dante Aligheri, negli anni del suo esilio. Giunse qui da Verona nel 1304 e probabilmente venne invitato nel castello di Lizzana da Guglielmo da Castelbarco.
Il racconto è confermato dallo stesso Dante, che in un canto della Divina Commedia descrive uno scorcio di Lizzana.
Castello di Rovereto
Nel XIV secolo Rovereto si trovava sotto la guida della famiglia Castelbarco, che decise la fortificazione del borgo con la costruzione del muro di cinta e di un castello.
Gran parte delle mura sono giunte fino a noi, quanto al castello venne edificato in un punto che consentisse il controllo della Vallagarina e della Vallarsa.
Nel 1487, in seguito ad un conflitto tra Venezia e l’Impero d’Austria, il castello venne sottoposto a trentasette giorni di duro assedio, che lo lasciarono quasi distrutto. L’opera di ricostruzione venne portata avanti dalla Serenissima, che si appoggiò sulle basi medievali preesistenti ma portò avanti la riedificazione secondo il gusto e le mode dell’epoca.
Risale al periodo veneziano la conformazione pentagonale del maniero, le mura di cinta e i bastioni con le cannoniere.
Quando Rovereto passò nelle mani degli imperatori austriaci il castello perse la sua funzione strategica e militare e venne abbandonato.
Nel corso dell’Ottocento è stato utilizzato come luogo di ricovero per mendicanti, casa di pena ma anche come accampamento per i soldati tedeschi.
Nuove tristi sorti vennero riservate al castello di Rovereto quando il borgo venne evacuato durante la prima guerra mondiale e la fortezza venne danneggiata dai bombardamenti.
Al termine del conflitto il castello è stato restaurato e dal 1921 è diventato la sede del Museo Storico Italiano della Grande Guerra
Museo Storico Italiano della Grande Guerra
Il Museo Storico Italiano della Grande Guerra di Rovereto è uno dei più importanti musei italiani sul primo conflitto mondiale.
Tra le sale del Castello il museo offre un duplice percorso espositivo, da un lato è possibile visitare la collezione di oggetti, fotografie e testimonianze che riguardano i conflitti che si sono susseguiti tra l’Ottocento e i primi del ‘Novecento. Dall’altro si può scegliere di addentrarsi per i cunicoli del Castello, giungendo fino ai torrioni. Nel Torrione Marino è custodita la collezione di armi e armature di età moderna, medievale e preistorica.
Oltre a tutto questo, il museo ospita spesso mostre temporanee che affrontano le tematiche dei conflitti bellici da diverse sfaccettature.
Chiesa Arcipretale di San Marco
Nel tempo in cui la Repubblica di Venezia stendeva il suo dominio fino a Rovereto, nel borgo trentino venne costruita la chiesa arcipretale di San Marco. Questo luogo di culto è intitolato al santo patrono della Serenissima, come ricorda fin dalla facciata dove si trova un leone in pietra del XV secolo.
È la chiesa più grande di Rovereto e durante la Prima Guerra Mondiale ha subito gravi danni a causa dei bombardamenti ma è stata prontamente rimessa in sesto già nel 1919, grazie anche al contributo del governo italiano.
Nel 1950 per volere popolare è stata rifatta la facciata così come oggi possiamo vederla.
L’interno è caratterizzato da un’ampia navata centrale, con tre cappelle e nove altari settecenteschi ai lati.
Sopra il presbiterio, in posizione centrale si trova l’affresco della Consacrazione della città di Rovereto a Maria Ausiliatrice.
Mart – Museo di arte moderna e contemporanea
Il Mart è oggi un vero e proprio polo culturale, articolato in diverse sezioni che sono dislocate tra Rovereto e Trento.
A Rovereto si trovano il Museo di arte moderna e contemporanea e la Casa d’Arte Futurista Depero, a Trento invece si trova la Galleria Civica, inaugurata nel 2013.
Dal 2002 il Mart è stato collocato in un nuovo edificio, progettato dall’architetto Mario Botta in collaborazione con l’ingegnere Giulio Andreolli.
Si tratta di un edificio con facciate in pietra gialla di Vicenza e un’alta cupola, legata alla luce che la circonda. Il palazzo è stato ideato per dialogare con il resto della città e soprattutto con i palazzi settecenteschi che lo precedono, da un lato nascondendolo e dall’altro annunciandolo.
Gli ambienti esterni sono ricchi di installazioni artistiche, il pianterreno è dedicato ad incontri e conferenze e comprende alcune delle sale espositive. Il primo piano è dedicato alle esposizioni temporanee. Al secondo piano dopo aver percorso una passerella in vetro e acciaio si giunge alla seconda parte del percorso espositivo permanente. Qui si trovano anche una ricca biblioteca specifica e l’archivio.
Casa d’Arte Futuristica Depero
È il primo museo ad essere stato istituito da un futurista, l’artista Fortunato Depero che ne ha curato nei minimi dettagli l’arredamento e l’esposizione.
La Casa d’Arte Futurista, inaugurata nel 1957, è perfettamente in linea con quelli che sono i principi fondanti del futurismo, basati su una totale dissacrazione dell’arte tradizionale, portata avanti attraverso un uso sapiente dell’ironia e dell’innovazione artistica.
La collezione conta circa tremila pezzi, tra disegni, dipinti, grafiche e giocattoli.
La Casa d’Arte Futurista Depero rientra nel polo del Museo d’arte moderna e contemporanea che nel 2009 ha avviato un progetto di restauro della struttura. Grazie a questi lavori è stato possibile recuperare parte del progetto originale ideato da Depero e realizzare due nuove aree espositive ispirate al gusto dell’artista.
Teatro Zandonai
Il teatro Zandonai resta ancora oggi l’espressione concreta del grande fermento culturale che agitò Rovereto nel ‘Settecento. È il primo teatro ed è essere stato costruito in Trentino, è stato inaugurato nel 1782 con la rappresentazione di Giannina e Bernardone, opera buffa di Domenico Cimarosa.
Nonostante un inizio brillante, il teatro di Rovereto ha attraversato vicende travagliate. Durante la prima guerra mondiale il teatro è stato trasformato in caserma, magazzino e persino in una stalla. Depredato dei suoi arredi e delle attrezzature, nel 1920 il teatro è stato acquisito dal comune e il sipario si è nuovamente alzato nel 1924 con la rappresentazione di Romeo e Giulietta. Ma non era più la stessa cosa.
Con l’inizio del nuovo secolo sono stati avviati nuovi lavori di restauro che per la loro complessità sono durati più di dodici anni. Il risultato è stato incredibile, grazie all’utilizzo di alcuni documenti storici è stato possibile risalire all’aspetto originale del teatro e recuperarlo in parte. Inoltre è stato dotato di nuove attrezzature che gli permettono di restare al passo con i tempi.
Sacrario Monumentale di Castel Dante
La prima guerra mondiale è stata per Rovereto una ferita profonda che ha richiesto cure difficili e molti anni di convalescenza.
Per non dimenticare mai il dolore affrontato ma soprattutto la bellezza della pace ritrovata tra il 1933 e il 1937 è stato costruito il Sacrario Monumentale di Casteldante, collocato su un colle che domina su Rovereto e sulla Vallagarina.
Si tratta di un edificio monumentale che ospita i corpi di ventimila soldati originari di tutte le nazioni che hanno combattuto il conflitto e traslati qui da diversi cimiteri di guerra. Non tutti i soldati hanno un’identità nota ma nel Sacrario è possibile consultare un registro con i nomi di tutti i caduti noti.
La visita al sacrario è preceduta da un percorso esterno in cui sono esposte diverse opere di carattere militare. Entrando nell’edificio si trova una fiamma sempre viva che ricorda le medaglie d’oro della Legione Trentina. Al primo piano si trova un altare e le tombe di Damiano Chiesa e Fabio Filzi, che insieme a Cesare Battisti sono stati i tre martiri laici trentini.
La Campana della Pace
Al tramonto risuonano cento rintocchi di campana, scendono giù a valle e risalgono su per i colli, si perdono tra i vicoli e le strade di Rovereto. È il suono della pace che si diffonde quando il giorno sta per andare via. Arriva da una campana, voluta per omaggiare la memoria dei caduti di tutte le guerre.
L’idea è venuta nel1924 a Don Antonio Rossaro che propose di fondere il metallo dei cannoni della Grande Guerra per realizzare una campana. Con entusiasmo la proposta venne subito accolta e la campana, intitolata a Maria Dolens, venne collocata nel castello di Rovereto. Nel 1939 è stato necessario fondere di nuovo la campana e nel 1960 una crepa irreparabile ha causato una nuova fusione del metallo. La nuova campana è stata benedetta da Papa Paolo VI e nel 1965 la campana è stata posizionata sul colle di Miravella, così da essere visibile dalle vallate e dai borghi circostanti.
A pochi passi si trova il Sacrario Monumentale di Castel Dante.
Un’ospite speciale
La notte di Natale del 1769 a Rovereto c’era un insolito silenzio. L’aria era sgombera delle chiacchiere allegre e della vivacità delle feste, c’era un’insolita quieta che si poteva spiegare solo varcando la soglia della chiesa di San Marco.
Tutti erano qui, stretti tra i banchi di un luogo di culto che non aveva mai ospitato tutta la città insieme. Per le stradine e tra le case isolate risuonavano solo le note di un pianoforte, i cui tasti danzavano sotto le mani del quattordicenne Wolfang Amadeus Mozart.
A quel tempo Mozart aveva iniziato ad essere conosciuto in Europa per il suo talento ed era considerato un prodigio della musica. Si trovava in Italia insieme al padre e tenne il suo primo concerto nella Penisola proprio a Rovereto. Il suo viaggio poi continuo e terminò solo nel 1970, a Napoli.
Per omaggiare questa visita illustre e questo evento che ancora oggi resta nel cuore di Rovereto, nel 1987 è stato istituito il Festival Internazionale W. A. Mozart che si è distinto fin da subito per la qualità del programma offerto e per la presenza di ospiti di fama internazionale.
Fortunato Depero
Fortunato Depero nasce nel 1892 a Fondo, in provincia di Trento, ma si trasferisce presto con la famiglia a Rovereto. Qui intraprende gli studi tecnici e fa il tirocinio presso la bottega dello scultore Scanagatta.
Diventato adulto, nel 1913 decide di trasferirsi a Roma insieme alla sua compagna di vita, Rosetta Amadori. Nella capitale si avvicina al futurismo e conosce anche l’ideatore di questa nuova corrente artistica, Filippo Tommaso Marinetti.
Nel 1914 realizza alcuni disegni ispirati al dinamismo e alla simultaneità di Umberto Boccioni e insieme a Giacomo Balla scrive il Manifesto di Ricostruzione Futurista.
Nel 1919 torna a Rovereto e inizia a progettare la Casa d’Arte Futurista Depero.
Sono anni in cui Fortunato Depero riesce ad avviare una carriera artistica. Nel 1927 pubblica il libro bullonato, esempio concreto di futurismo, intitolato Depero – Dinamo Azari.
Viene contattato per numerose mostre e per ben due volte porta le sue opere a New York. La Grande Mela influenza positivamente Depero che quando rientra in Italia si trova negli anni dell’Aeropittura, una sfumatura artistica che in realtà non lo entusiasma molto ma che comunque abbraccia, più che altro in nome della sua amicizia con Marinetti.
Sono anche gli anni del Fascismo, voluto e quasi osannato dai futuristi, ma per Depoero anche questa esperienza in realtà non tocca le corde giuste e preferisce avvicinarsi alla natura, come si evince dalle tematiche delle opere realizzate in quegli anni.
Tra mostre, idee e opere Fortunato Depero attraversa i grandi cambiamenti del ‘Novecento e arriva fino al 1957, in quest’anno concretizza il suo progetto più ambizioso: la Casa d’Arte Futurista Depero. È il primo museo ad essere stato fondato da un futurista. Depero cura in ogni dettaglio il progetto della Casa D’arte e riesce così a mantenere le linee guida del Futurismo. Il Museo viene inaugurato nel 1959 ma nel 1960 Fortunato Depero muore.
Damiano Chiesa
Damiano Chiesa è nato a Rovereto il 24 maggio nel 1894. A quel tempo il borgo faceva parte dell’impero Austro Ungarico ma il giovane Damiano fin da subito non nascose di mal digerire sia l’Austria sia la lingua tedesca.
Dopo il conseguimento del diploma liceale decise di andare a studiare in Italia, s’iscrisse prima all’Università di Torino ed inseguito a quella di Genova.
Gli anni in Italia amplificarono i suoi sentimenti irredentisti, tanto che insieme ad alcuni compagni scrisse L’Ora Presente, uno dei più duri manifesti a favore dell’irredentismo trentino.
Nel 1914 venne eletto deputato nel collegio di Rovereto, insieme a Cesare Battisti che rientrava nel collegio di Trento.
Quando l’Austria lo chiamò alle armi decise di trasferirsi ancora una volta a Torino e nel 1915 si arruolò volontario nell’esercito italiano ma mentre lui era impegnato al fronte la sua famiglia venne deportata nel campo di concentramento austriaco di Ketzenau.
Qualche tempo dopo venne fatto prigioniero anche lui e si trovò davanti alcuni suoi concittadini che lo riconobbero. Venne trasferito a Trento e nel castello del Buon Consiglio venne costretto a subire torture e angherie.
Processato per alto tradimento, venne condannato a morte e giustiziato lo stesso giorno. Morì il 19 maggio del 1916.
Quando la Prima Guerra Mondiale terminò venne riconosciuto il grande sacrificio di Damiano Chiesa, di Cesare Battisti e di Fabio Filzi che sono oggi considerati Protomartiri della Grande Guerra.
Insignito della Medaglia d’oro al Valor Militare, il suo corpo e quello di Fabio Filzi riposano oggi nel Sacrario Monumentale di Castel Dante.
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Peverà
La Peverà o Peverada è un’antica ricetta medievale, tipica di Rovereto e dei borghi vicino Trento.
Ingredienti:
- Pane raffermo;
- 500 ml di brodo vegetale;
- 320 gr di lucaniche;
- Pepe nero q.b.;
- Olio extravergine d’oliva q.b.
Preparazione:
Preparare il brodo vegetale.
Grattugiare il pane raffermo e tostarlo in una padella antiaderente, mettendo sul fondo un filo d’olio. Aggiungere a poco a poco il brodo e mescolare di tanto in tanto per evitare la formazione di grumi.
Nel frattempo prendere le lucaniche, tradizionale salume trentino, e spellarle. A piccoli pezzi aggiungerle nella padella insieme al brodo e al pane e lasciar cuocere il tutto a fuoco lento.
Quando la Peverà sarà densa e cremosa è pronta per essere gustata. L’ideale è servirla in piatti fondi, aggiungendo un’abbondante quantità di pepe nero.
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