Festa di Sant’Agata a Catania
Da secoli, dal 3 al 5 febbraio di ogni anno, la città di Catania vive un’esperienza unica. I tre giorni dedicati alla Santuzza, come amano chiamarla i catanesi, trascorrono in un’atmosfera carica di forti emozioni, in cui migliaia di devoti e curiosi sono coinvolti nei festeggiamenti. Giorni di culto, di devozione, di folclore e di tradizioni che non hanno riscontro nel mondo, comparabili solo alla Settimana Santa di Siviglia, in Spagna, e alla festa del Corpus Domini a Cuzco. Tutto è in fermento per i preparativi in onore della Patrona, vergine e martire catanese, la cui storia, dal fascino irresistibile, riesce a penetrare nei cuori di tutti. La nostra Agata, bella e giovane cristiana di famiglia aristocratica, oppose resistenza alle lusinghe del governatore Quinziano, agli abusi di potere, per difendere la propria fede e la propria integrità morale, al costo di penosi martiri, fra cui lo strappo delle mammelle, e infine della sua stessa vita.
La ricordiamo per i suoi miracoli legati alle eruzioni dell’Etna, ai terremoti, alle epidemie vissute a Catania. Si narra che l’1 febbraio del 252 (Agata era morta da appena un anno), la città venne minacciata da una violenta eruzione. Gli abitanti dei vari villaggi fecero allora ricorso al velo che cingeva il suo sepolcro, opponendolo all’avanzata della lava. Il velo, di colore bianco, diventò rosso e arrestò l’eruzione miracolosamente proprio il 5 febbraio, giorno dell’anniversario del martirio.
Catania fu salvata e da allora ogni anno la città, decorata a festa dalle luminarie, si affolla di visitatori e fedeli da ogni parte del mondo e Sant’Agata, nel suo fercolo d’argento, ‘a vara, va incontro alla sua gente, tra i quartieri popolari e quelli più alti. La festa ha inizio il 3 febbraio con la lunga e solenne processione del mezzogiorno dalla Chiesa di Sant’Agata alla Fornace fino alla Basilica Cattedrale per l’offerta della cera. Chiudono le undici candelore, espressione delle corporazioni cittadine dei mestieri, e le due carrozze del Senato catanese: una berlina settecentesca, seguita da una vettura più piccola che ospita gli amministratori comunali. La sera, ‘a sira ‘u tri, ecco il grandioso spettacolo dei fuochi artificiali in piazza Duomo.
Il 4 febbraio, all’alba, dopo la Messa dell’Aurora, il mezzobusto della Santa esce dalla camera blindata della Cattedrale. Questo è il culmine dell’attesa: la commozione è forte, tra urla e canti, comincia la processione del giro esterno alle antiche mura della città, con a capo il busto e le reliquie trainate dal fercolo. Dapprima si sposta verso la chiesa di Sant’Agata alla Fornace, dove avvenne il martirio, poi a Sant’Agata al Carcere, dove un ulivo piantato proprio lì davanti, ricorda come la vergine, fuggendo dagli uomini di Quinziano, riuscì a sfamarsi con i suoi frutti. E’ usanza trainare il carro a gran velocità su per la salita dei Cappuccini, e i cittadini devoti, col tradizionale costume votivo bianco ‘u saccu e un copricapo nero, agitando un fazzoletto – anch’esso bianco – invocano a viva voce “Tutti devoti tutti, cittadini, viva Sant’Agata!”. E ancora i fuochi.
Il 5 febbraio è il “clou” della festa, il giorno più atteso dai catanesi. Nel pomeriggio il fercolo lascia piazza Duomo per compiere il giro interno della città; il suo incedere è lentissimo, imbocca prima via Etnea, incontrando piazza Università, quindi piazza Stesicoro e, più in là, Villa Bellini. Il fercolo giunge in tarda notte in piazza Cavour, piazza Borgo per i catanesi. Dopo magnifici e prolungati fuochi pirotecnici, la “vara” scende sino all’incrocio quattro canti con la salita di San Giuliano.
Qui un’appassionante gara di resistenza delle candelore precede la corsa del cordone tirato da migliaia di cittadini (se va bene, andrà bene anche l’annata dei raccolti), che si ferma all’incrocio con via Crociferi, dove il suggestivo canto delle suore benedettine di clausura rende omaggio al passaggio della Santa. Poi è quasi tutta una corsa per rientrare in chiesa, ma già la luce del giorno si è fatta molto chiara. E’ un momento emozionante in cui le urla cessano e sui volti dei cittadini si legge la felicità per aver passato giorni intensi con la Patrona e tanta stanchezza. Tuttavia, con l’ultimo filo di voce, illuminati dagli ultimi fuochi d’artificio, gridano ancora: “Cittadini, viva Sant’Agata!”
I primi ci ricordano il martirio e lo strappo brutale delle mammelle a cui la fanciulla fu sottoposta ad opera del Governatore Quinziano, per averne rifiutato l’amore e aver consacrato la sua vita alla fede cristiana. Le olivette, invece, rimandano alla leggenda secondo la quale la giovane, in fuga dagli uomini di Quinziano, trovò riparo sotto una pianta d’ulivo, miracolosamente sorta dal nulla, che le consentì di ristorarsi con i suoi frutti e riposarsi.
Festa di Sant’Agata 2020
La festa del 17 agosto è forse la più antica nel tempo, in quanto si rifà ai festeggiamenti spontanei che si verificarono nella notte del 17 agosto dell’anno 1126, quando le spoglie della santa martire catanese, trafugate nel 1040, vennero riportate a Catania da Costantinopoli dai due soldati Gisliberto e Goselmo. La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio… Oltre alla messa in onore di Sant’Agata, nel tardo pomeriggio si svolge una breve processione con lo scrigno contenente le reliquie e il mezzobusto reliquiario, nei dintorni della Cattedrale, in Via Dusmet procedendo per Piazza San Placido e facendo ritorno in chiesa per Via Vittorio Emanuele con straordinari giochi pirotecnici in un’area riservata al Porto di Catania e, cosa molto particolare, sul tetto della chiesa di San Placido.
(fonti: “S. AGATA Guida alla Festa” orazioRusso, Nino Urzì ed. 01/04; “Festa di sant’Agata” Wikipedia -photo Giuseppe Russo )