Mostra a Casa D’Annunzio
Balli d’Amore / Tarantella e saltarello tra colto e popolare
Mostra a Casa d’Annunzio
In apertura di febbraio – il mese che celebra i riti del Carnevale e dell’amore, il Polo Museale dell’Abruzzo e il CATA Compagnia di Tradizioni Teatine propongono nelle sale espositive della Casa Natale di Gabriele d’Annunzio una mostra dedicata alla Tarantella e al Saltarello, ovvero ai Balli d’amore cari alla tradìzione popolare, oggetto di rappresentazione anche per un pubblico colto, ieri come oggi. Lo spunto è stato fornito dal generoso prestito di un dipinto di Pasquale Celommi acquistato ad un asta a New York da un cultore dell’arte abruzzese. Illustrata nel numero d’inverno della rivista d’Abruzzo, l’opera raffigura una strepitosa Tarantella, o meglio un saltarello ciociaro, la quale vive al contatto con un pubblico che non c’è ma si percepisce. La scena si svolge come su un proscenio inclinato, con una luce mattutina che lambisce le figure le quali danzano in una scenografia da melodramma, un cortile aperto su una grande cantina. Profuma di vino e di pecore questa danza di contadini, ambientata in Ciociaria, all’ombra del versante nord occidentale delle montagne che puntellano il Parco Nazionale d’Abruzzo. Elemento caratterizzante sono qui le tipiche ciocie, i calzari di pelle di asino o bue con le stringhe assai diffusi negli Abruzzi, ma spiccano forse ancor più i festosi floreali tessuti dei grembiuli, secondo un costume molto diffuso anche nella Valle del Liri. Il celebre ballo, ormai tanto popolare in tutto il meridione e nobilitato dalla partitura di Gioacchino Rossini, qui è scandito dal suono dei tamburelli, di una chitarra e di un violino e coinvolge tutti, grandi e piccini, con il suo ritmo travolgente e inebriante. E’ quindi innanzitutto un canto d’amore e di gioia che in qualche modo crea un punto di incontro tra colto e popolare, non a caso applaudito al suo primo apparire nel 1883 all’Esposizione presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma. In mostra sono proposte molte altre testimonianze figurative, gioielli tipici abruzzesi e costumi tradizionali (di Teramo e Ortona), e ulteriori dipinti inediti, tra cui la notevole Danzatrice con il tamburello, da ascrivere a Saverio Altamura. Numerosi gli spunti di riflessione sul tema che saranno oggetto di un dibattito nel corso dell’inaugurazione, venerdì 2 febbraio alle ore 18, moderato dai curatori Lucia Arbace e Francesco Giovanni Maria Stoppa. In occasione dell’ inaugurazione è previsto un saggio della danza da parte della Compagnia delle Tradizioni teatine.
A partire dalla notevole acquaforte incisa da Pietro Fabris nel 1773 per la Raccolta di varii vestimenti ed arti nel Regno di Napoli, la popolarità della Tarantella giustifica la straordinaria diffusione del tema, addirittura oggetto, nel 1834, di una raccolta di ventuno litografie di Gaetano Dura dove i movimenti coreutici descritti e illustrati tradiscono totalmente l’antica origine sacrale del ballo. In realtà questa danza, dalla forte carica erotica, ha origini molto antiche, documentata a Napoli già nel Cinquecento in occasione della festa di San Giovanni a mare. Ci si recava di notte lungo la spiaggia di Chiaia, ci si denudava e si ballava dopo un bagno in mare al suono dei tamburi, un rituale poi abolito un secolo dopo dal viceregno spagnolo.
Nel quadro delle tradizioni popolari abruzzesi, la saltarella rappresenta il ballo più caratteristico del territorio. Si presenta prevalentemente come danza di coppia, a struttura coreografica circolare e mantiene un certo grado di conservazione nei moduli coreici, nonostante da un punto di vista terminologico e musicale questa danza viene definita, secondo le seguenti variazioni, da saltarella a tarantella, ballarella o piscaresa.
Ai balli circolari si riconosce una forte caratterizzazione identitaria perché rappresentano un momento di condivisione sociale, di festa, di intrattenimento che permette di mettere in relazione mondi distanti rispettando le regole e il ritmo della musica. Sebbene questi balli richiamino sempre meno le nuove generazioni, è possibile far rivivere le loro tradizioni attraverso il percorso espositivo presentato in questa mostra che racconta la popolarità del tema. Il realismo e la sensibilità con la quale gli artisti del XVIII secolo si affacciano al mondo sono indicatori di un interesse sempre crescente verso il quotidiano, che viene indagato e riprodotto in quell’incontro tra colto e popolare rappresentato dalla danza.
La mostra rimarrà aperta fino al 28 aprile 2018, tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, al costo di soli 2 euro per quanti non intendono visitare il Museo Casa Natale di Gabriele d’Annunzio. Sono previsti laboratori e visite guidate a cura dell’associazione Dadabruzzo, e l’accoglienza da parte dei ragazzi del Servizio Civile Nazionale.