Il Borgo di Frosinone
Spicca sull’insieme di case, si erge maestoso con i suoi sessanta metri. È il campanile di Frosinone, che da secoli non si stanca mai di guardare la sua città e resiste al tempo e ai suoi scherzi. Una bomba ha bloccato le lancette del suo orologio, ma non lui che è rimasto in piedi senza cedere. Al suo fianco la Cattedrale, gentile e delicata, si è rifatta bella dopo gli squarci della guerra. Insieme, l’orologio e la cattedrale, raccontano l’orgoglio che accomuna tutta la gente di Frosinone. È merito di questo popolo se oggi si può camminare per le strade di Frosinone, alla ricerca dei bellissimi palazzi e di ciò che resta del glorioso passato romano. È merito loro, se si può inseguire il profumo inebriante della cucina ciociara, che esce fuori dai ristorantini e si intrufola per le viuzze.
Frosinone è la città delle due anime, quella della città vecchia, una signora antica dalle rughe troppo profonde che non si stanca mai di raccontare la sua storia e quella della città nuova, giovane e vivace, testimone della voglia di ricominciare e di rinascere che nessuno è mai riuscito a fermare. Ad unirle c’è un amore grande, quello per Frosinone e per la sua essenza più vera.
La storia
L’Italia è ricca di regioni percettive, cioè di luoghi che non hanno confini geografici ufficiali ma che esistono come identità territoriale degli abitanti. Sono luoghi di cuore, fatti di paesaggi tipici, sapori, profumi e accenti. La Ciociaria è uno di questi, ha il suo centro nella città di Frosinone ma si estende per tutta la sua provincia. Il termine ‘Ciociaria’ deriva dall’utilizzo delle ciocie, calzature tipiche che in passato venivano indossate dai contadini e dai pastori.
Frosinone è costituita dalla città alta, che corrisponde al suo nucleo più antico e si affaccia sulla Valle del Sacco, e dalla città bassa, costruita soprattutto durante il ‘Novecento.
Il territorio era abitato fin dalla Preistoria, come testimoniano alcuni reperti ritrovati nella parte alta della città.
Il passato di Frosinone non è stato facile, il colle su cui è sorta la città le garantiva potere e controllo sui villaggi vicini ma la metteva anche nel mirino di genti straniere, che troppo spesso hanno saccheggiato e distrutto la città.
Nel remoto passato questa zona era abitata dai Volsci, antica popolazione italica appartenenti alle genti osco – umbre. Questo popolo avrebbe denominato la città Frusna, che in seguito ai passaggi dal latino, al volgare e poi all’italiano è diventata Frosinone.
I Volsci aderirono alla Lega Ernica, nonostante non avessero nulla a che fare con i popoli ernici. La lega mirava a proteggere il proprio territorio e in seguito puntò ad opporsi al crescente potere di Roma. Per questo nel 306 Roma ha attaccato le città della lega eanche Frosinone ne ha fatto le spese: venne declassata a Prefettura, con un conseguente ridimensionamento del suo territorio e la decapitazione dei capi rivoltosi nel foro cittadino.
Nonostante tutto comunque Frosinone ha potuto godere dei privilegi di essere un Municipio e quindi di avere la cittadinanza romana, il che tradotto significava anche avere un muro di cinta ed edifici pubblici.
Quando l’Italia venne messa a ferro e fuoco dalle scorribande di Annibale, anche Frosinone è entrata nel suo mirino ma la città ha saputo con coraggio resistere all’attacco. Per questo Silio Italico l’ha definita Bellàtor Frùsino, guerriera Frusino. Un appellativo che oggi è scritto sullo stemma civico e che più volte ha caratterizzato la storia della città.
Durante il periodo medievale si hanno poche notizie su Frosinone, perché con gli attacchi subiti sono stati distrutti anche i documenti storici.
In seguito alla caduta dell’Impero Romano e alle vicende che sono seguite, ritroviamo Frosinone tra i possedimenti della Santa Sede.
La posizione sopraelevata le garantiva un ruolo di controllo sulle città circostanti, per questo Frosinone si trovava sempre in controversia con le signorie vicine. In particolare con i Signori di Anagni che più volte tentarono di prendere il controllo della città. A quel tempo però Frosinone aveva soprattutto una funzione militare, motivo per il quale il papato non aveva nessuna intenzione di lasciarsela scappare.
Nel 1526 le truppe spagnole assediarono Frosinone, ma gli abitanti ancora una volta riuscirono ad opporre una coraggiosa resistenza. Un anno dopo la peste decimò la popolazione e francesi e fiorentini colsero l’occasione per assediare la città, che venne distrutta. È stata in seguito ricostruita dal cardinale Cicada, secondo la moda del ‘Cinquecento.
Dal ‘Seicento all’Ottocento una serie di condizioni favorevoli portò un incremento demografico. Per prima cosa il prefetto si stabilì definitivamente in città, creando una rete di interessi che favorì l’emigrazione di famiglie dai paesi vicini. Le risorse della valle del Sacco vennero messe a regime, con un disboscamento e con la costruzione di mulini lungo i fiumi, questo comportò un aumento dell’economia e dell’attività lavorativa. Vennero quindi costruiti edifici pubblici e privati e si sviluppò un fermento culturale, dovuto in particolare al circolo dell’Arcadia.
Per tutto l’Ottocento Frosinone è stata ancorata ad un sentimento filo papale, favorito anche dallo stanziamento di fondi da parte di Pio IX per la costruzione di un acquedotto. Nel popolo erano radicati ideali anti-unitari e non di rado i briganti venivano incoraggiati e aiutati. Frosinone entrò nel Regno d’Italia solo il 17 settembre del 1870, tre giorni prima della breccia di Porta Pia, ma faticò molto ad adeguarsi al nuovo assetto politico.
Nel 1926, durante il ventennio fascista, Frosinone diventò provincia, inglobando nel suo territorio alcuni borghi della provincia di Roma e di Caserta, che ufficialmente si identificavano nella Ciociaria. In questo contesto la città ha conosciuto un nuovo sviluppo sociale, economico ed edilizio che ha avuto un arresto con la seconda guerra mondiale.
Tra il settembre del 1943 e il giugno il 1944 Frosinone ha fatto le spese del fronte di Cassino. Più di cinquanta bombardamenti hanno costretto la popolazione a rifugiarsi nei paesi vicini. Al loro rientro lo scenario era desolante, l’abitato, il centro storico, importanti edifici e persino la cattedrale erano ormai ridotti ad un cumulo di macerie. Eppure neanche questa volta gli abitanti di Frosinone si sono arresi, spinti da un moto di orgoglio tutti sono stati contagiati dal fervore della ricostruzione che, lenta e decisa, è andata avanti per tutto il ‘Novecento. In questo contesto sono stati realizzati i quartieri della città bassa, nuovi edifici pubblici e l’Autostrada del Sole, che attraversa tutta la provincia. Da alcuni anni a Frosinone è stato realizzato un ascensore inclinato, che collega la città alta a quella bassa. È stato un progetto particolarmente innovativo, perché ha unito l’eco sostenibilità al piacere di godere di un bellissimo panorama.
Cattedrale di Santa Maria Assunta
Alle 22.10, l’orologio dell’alto campanile si fermò su quell’ora e così rimase per anni. A quell’ora probabilmente venne colpito dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, una ferita troppo profonda per riuscire a ripartire. Eppure, pochi anni più tardi, nel 1950, la cattedrale e il campanile di Frosinone tornarono in sesto, a riavviare il motore del tempo è stata la forza d’animo del parroco e dei fedeli.
La cattedrale di Santa Maria Assunta è ricca di capolavori contemporanei, perché tra il 1943 e il 1944 le bombe sganciate sulla città hanno danneggiato la chiesa e molte delle opere che custodiva.
La cattedrale si trova sul colle dove un tempo c’era l’acropoli, nello stesso punto pare che si trovasse un tempio pagano dedicato a Marte. Successivamente una chiesa paleocristiana ha preso il suo posto, si ritiene che questa fosse stata una cattedrale prima che la diocesi di Frosinone si fondesse con quella di Vernoli, nell’VIII secolo.
Durante il medioevo la chiesa è stata ricostruita in stile romanico, ma oggi l’unica testimonianza di questa costruzione è il campanile, simbolo della città.
La cattedrale che vediamo oggi è frutto di un rifacimento settecentesco e dei restauri della prima metà del ‘Novecento.
La facciata con tre portali è arricchita da un’elegante scalinata che la percorre per tutta la sua lunghezza. Sulla destra si erge il simbolo della città: il campanile cinquecentesco, alto circa sessanta metri e terminante con un cupolino ottagonale. Il campanile è caratterizzato da tre ordini sovrapposti, con finestre bifore ad archi. La base è costituita da ciottoli mentre gli altri ordini sono in mattoni di pietra.
L’interno della chiesa è a pianta basilicale, con tre navate. È ricca di tele contemporanee e conserva due opere sopravvissute ai bombardamenti: Madonna con Sant’Anna e un prezioso tondo che raffigura San Giovannino con gli angeli, realizzato nel 1641 da Giovanni Sementi, allievo di Guido Reni.
Di grande rilevanza è il mosaico che occupa tutto l’abside e rappresenta l’Assunzione della Vergine, un’opera di Carlo Mariani, realizzata ispirandosi alle miniature medievali.
Ai lati dell’altare si trovano infine due sculture, che raffigurano i santi papi Ormisda e Silverio, patroni della città.
Museo Archeologico di Frosinone
Il Museo Archeologico di Frosinone è stato inaugurato nel 1994, per raccontare a cittadini e visitatori le origini della città.
Il percorso espositivo narra l’evolversi del territorio del frosinate dalla Preistoria all’Età Romana Imperiale. Un’attenzione particolare è riservata alle testimonianze che raccontano la vita dei Volsci, antica popolazione italica esistente già nel VII secolo a.C.
Oltre alle diverse sale in cui sono esposti i reperti archeologici, il museo è composto da una sala per le esposizione permanenti e una per le attività didattiche, rivolte a gruppi scolastici ma anche ad adulti.
All’interno delle attività del museo rientrano sette percorsi esterni, nei luoghi dove è iniziata la vita di Frosinone e dove sono stati rinvenuti la maggior parte dei reperti oggi conservati nel museo.
Palazzo Iacobucci
Palazzo Iacobucci è il Palazzo della Provincia di Frosinone, costruito negli anni Trenta del’Novecento su progetto di Giovanni Iacobucci.
L’intero edificio è in stile neoclassico, interrotto solo dalla parte superiore della facciata caratterizzata da uno stile Liberty, con due bassorilievi su cui sono state rappresentate delle figure femminili.
Austero ed imponente, la parte centrale del prospetto si trova in maggiore rilievo rispetto ai lati. Il portale è incorniciato da due colonne, che sorreggono il balcone superiore.
Nella prima sala che si trova entrando nel palazzo si può ammirare un pannello in ceramica su cui è rappresentata la Madonna del grano, realizzata da Basilio Cascella. Poco più avanti si trova l’uscita per il cortile esterno, ribassato rispetto al corpo dell’edificio e arricchito da un elegante porticato con arcate.
Al piano superiore si può accedere salendo un’imponente scalinata, da cui si intravede una vetrata policroma con rappresentato il leone rampante, simbolo della provincia. Ai lati si trovano due nicche con due sculture “Composizione” e “Elevazione”, opere d’arte moderna di Umberto Mastroianni.
Il piano superiore è contraddistinto dalla presenza di importanti opere d’arte. La Provincia di Frosinone infatti possiede una collezione di circa centoquaranta opere di artisti nazionali ed internazionali, molte delle quali si trovano proprio all’interno del palazzo.
L’imponenza del Salone di rappresentanza è accentuata dalle dodici tele di Giovanni Colacicchi, pittore locale. Imboccando il corridoio in direzione degli uffici si trova la grande tela Anime Purganti, reinterpretazione della versione dantesca del Purgatorio realizzata da Cavalier d’Arpino.
Poco più avanti si trova Il pittore e la modella, tela di Volo che raffigura un pittore nell’atto di dipingere un nudo femminile. Tra le tante altre opere raccolte tra i corridoi e le stanze del palazzo, sicuramente le più importanti sono quelle di Renato Guttuso, artista contemporaneo dal talento e dalla fama indiscussa. Sono sue La Fucilazione, una litografia in bianco nero dov’è stato rappresentato lo sterminio di corpi da parte di truppe militari e Il Soldato, una litografia a colori che rappresenta un soldato in posa, appartenente alle forze alleate.
Frusino, ciò che resta
Frosinone nell’antica Roma ha goduto dei privilegi che spettavano a chi aveva la cittadinanza romana, a questo si doveva la presenza di edifici pubblici e di una cinta muraria che proteggeva la città.
Tra la valle e i vicoli della città vecchia si trova ciò che resta dell’antica Frusino e ancora oggi il passato legato all’antica Roma viene fuori quando durante i lavori di scavo. In questo modo sono venuti fuori le due più importanti testimonianze del municipio romano di Frosinone: l’anfiteatro e le terme.
Sulla base di alcuni documenti medievali illustri storici già nell’ottocento avevano avanzato delle ipotesi sulla presenza di edifici a valle, legati alla lotta tra gladiatori e ai combattimenti con animali domestici. Per dare concretezza a queste tesi sono stati necessari dei lavori di scavo, iniziati negli anni Sessanta del ‘Novecento e finalizzati alla costruzione di un palazzo privato. In seguito agli scavi è emersa una parte dell’antico anfiteatro romano, in particolare alcune porzioni di muratura e la pavimentazione della cavea, la parte destinata agli spettatori. L’anfiteatro, costruito tra il I e il II secolo d. C., doveva essere in grado di ospitare circa duemila persone.
Nel III secolo d.C. con molta probabilità è stato realizzato il complesso delle terme, ritrovato agli inizi degli anni Duemila sempre in occasione di alcuni lavori di scavo.
Le terme erano uno dei luoghi preferiti dai Romani, che qui trascorrevano il tempo libero e socializzavano. Le terme di Frosinone dovevano occupare una superficie di circa 1500 mq e vi si accedeva da una rampa con basolato perfettamente conservata.
Nel 2007 sono stati rinvenuti il frigidariu, il tepidarium e il calidarium, di cui sono conservati parte della muratura, della pavimentazione a mosaico e del sistema di riscaldamento e deflusso delle acque.
Le terme di Frosinone verosimilmente furono abbandonate intorno al IV secolo.
San Ormisda e San Silverio, storia unica di due papi.
Le notizie sulla vita di papa Ormisda sono veramente molto scarse, soprattutto per quanto riguarda il periodo precedente al suo papato.
Sappiamo che è nato a Frosinone e che probabilmente era un diacono sposato, padre di un figlio. Sua moglie morì presto e infatti al momento della sua elezione al soglio pontificio era vedevo.
Non si sa cosa lo abbia spinto ad intraprendere il cammino clericale ma venne eletto papa il giorno successivo alla morte di papa Simmaco, il 20 giugno 514. Questo vuol dire che era un uomo particolarmente ben visto nell’ambiente ecclesiastico e che è stato accettato di buon grado anche da re Teodorico. A quest’ultimo in particolare il pontificato di Orsmida portò un grande aiuto politico, perché il nuovo papa si prodigò nel diffondere pace e serenità riuscendo così a stemperare il clima di tensione sociale che a quel tempo si respirava in Italia.
Nel 519 con la pace di Ormisda si trovò una soluzione al problema dello scisma d’Oriente. È stato un papa particolarmente amato ma il suo pontificato è durato solo nove anni, è morto nel 523 ed è stato sepolto nella Basilica di San Pietro.
Dopo la morte di Ormisda ci sono state circa sette elezioni papali, con pontificati che durati circa due o tre anni.
Nel giugno del 536 venne eletto nuovo papa Silverio, figlio di Ormisa. Caso unico nella storia. A quel tempo Silverio era solo un subdiacono ma la sua elezione venne imposta dal re Ostrogoto Teodato, che ricordava i rapporti tra Ormisda e Teodorico e sperava in questa elezione per risolvere alcuni conflitti.
Il nuovo papa non venne accolto con favore dal clero e il suo pontificato ha disatteso le speranze, rivelandosi breve e particolarmente travagliato.
Papa Silverio suo malgrado è stato coinvolto nelle tensioni civili e religiose che interessavano l’Italia.
In seguito all’omicidio di re Teodato, il papa decise di aprire le porte di Roma al generale bizantino Belisario, con la promesse che non avrebbe distrutto Roma. Belisario era stato mandato in Italia dall’imperatore Giustiniano per scacciare gli invasori, ma nella sua missione non esitò a distruggere città e villaggi.
Tre mesi dopo Vitige, nuovo re degli Ostrogoti, assediò Roma nel tentativo di occuparla di nuovo. In questo contesto giunge da Costantinopoli il vescovo Virgilio, con una lettera dell’imperatrice Teodora che lo designava come suo favorito all’elezione di pontefice. Belisario chiese a Silverio di abdicare ma quest’ultimo rifiutò.
Dopo poco iniziò a circolare una lettera che Silverio avrebbe scritto a Vitige e in cui c’era scritto che il papa avrebbe aperto Porta Asinara per favorire l’entrata degli Ostrogoti a Roma.
Convocato da Belisario, papa Silverio smontò senza difficoltà le accuse ma dopo poco altro fango cadde sulla sua figura. Belisario, senza ascoltare la sua difesa, lo svestì degli abiti pontifici e gli fece indossare la tonaca monacale. Venne deportato a Patara, in Asia Minore, e il suo posto venne preso da Virgilio.
In seguito l’imperatore Giustiano chiese a Silverio di rientrare a Roma e ordinò che venissero riesaminati i documenti che lo accusavano. Virgilio, temendo per la sua poltrona, chiese a Belisario di deportare Silverio sull’isola di Palmarola, attuale isola di Ponza. Qui, ormai stremato, Silverio abdicò e pochi giorni dopo morì di stenti.
Il suo corpo venne seppellito sull’isola e il suo sepolcro presto diventò meta di pellegrinaggio. Gli vennero attribuiti miracoli e venne così avviato il processo di canonizzazione che lo portò a diventare santo, insieme a suo padre.
San Ormisda e San Silverio sono i santi patroni di Frosinone e vengono festeggiati il 2 dicembre.
Luciano Fontana
Luciano Fontana è un giornalista italiano nato l’11 gennaio 1959 a Frosinone.
Si laurea in filosofia all’Università Sapienza di Roma ma ben presto decide di intraprendere la carriera giornalistica, iniziando come corrispondente Ansa di Frosinone.
Nel 1986 entra a far parte della redazione dell’Unità come praticante ma resterà per undici anni, facendo conoscere il suo valore e ricevendo una nomina come capo dell’ufficio centrale da Walter Veltroni.
Nel 1997 viene assunto al Corriere della Sera come numero due dell’ufficio centrale, di cui tre anni dopo assumerà il comando. Nel 2003 viene nominato vicedirettore e il primo maggio 2015 viene nominato direttore del Corriere della Sera, raccogliendo il testimone di Ferruccio de Bortoli.
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