Il Borgo di Palazzolo sull'Oglio

L’orologio scandisce le ore e la vita di Palazzolo sull’Oglio, borgo lombardo nel cuore della Pianura Padana. Il rintocco delle lancette arriva dalla Torre del Popolo, è qui che è stato posto l’orologio civico, è questo il simbolo della città.

È lento lo scrosciare dell’Oglio, fiume che attraversa Palazzolo e che ne ha guidato la sua storia. A guardarsi dalle sue sponde due fortezze due fortezze, che raccontano a tutti quanto fosse importante questo borgo e quanto fosse importante proteggerlo. Burbere e minacciose, oggi di questo loro carattere resta solo un antico ricordo.

È un cuore che pulsa di vita, quello di Palazzolo sull’Oglio, con i suoi tetti rossastri e spioventi che sembrano invocare l’arrivo della neve.

È un borgo di genuinità, di stradine che s’incrociano, di amicizie sincere e di profumi autentici, come quelli delle Esse, i biscotti che da più di cento anni vengono sfornati dalla famiglia Rossi.

È un borgo che regala emozioni e sensazioni, come rimedio alla nostalgia di chi passa di qui e poi torna a casa.

Palazzolo veduta
Palazzolo panorama
Palazzolo sull'Oglio dall'alto
Palazzolo sull'Oglio
Ponte Romano - Palazzolo sull'Oglio
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Palazzolo sull'Oglio
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La storia

L’Oglio è il fiume che attraversa Palazzolo e che ne ha tracciato le sorti e i destini. Lungo le due sponde di questo fiume sono sorti due quartieri: Rione Mura, posto sotto la giurisdizione di Brescia, e Rione Riva o Piazza, sotto potere bergamasco. I due rioni, detti anche quadre, sono stati in conflitto fino al 1198 quando è stata siglata una pace che ha segnato l’unione sotto il comune di Palazzolo, alle dipendenze di Brescia.

Trovandosi lungo un fiume, Palazzolo diventò ben presto un borgo strategico, che necessitava anche di un impianto difensivo importante. Per questo vennero costruiti una Rocca e una Rocchetta nei due rioni. Questo però non fermò Buoso Da Donara che nel 1265 aprì gli accessi del Castello per lasciare passare gli Angioini, tradendo apertamente Re Manfredi. Solo cinque anni più tardi il maniero venne distrutto dai Guelfi, che avevano appena sconfitto i Ghibellini a Brescia ed erano partiti alla ricerca dei fuggitivi.

A quel tempo e fino al XV secolo Palazzolo era un borgo che trovava sostentamento nell’agricoltura, praticata soprattutto al di fuori delle mura cittadine dove si trovavano le cascine e i mulini.

Nel ‘Quattrocento Palazzolo si trova sotto il dominio della Repubblica di Venezia, è un periodo di crescita economica e sociale, testimoniato dalla presenza di precettori laici stipendiati dal comune, primo caso nella zona.

Nell’Ottocento un nuovo periodo florido fece guadagnare a Palazzolo l’appellativo di ‘nuova Manchester’ per via della presenza di laboratori e imprese, favoriti dal fiume e dalla produzione di energia idrica ed elettrica. Nel 1862, per regio decreto, al toponimo Palazzolo venne aggiunto il termine “sull’Oglio” per distinguerlo da altre località e contrassegnare lo stretto legame con il fiume che l’attraversa.

Nel 1954 Palazzolo sull’Oglio diventa città e qualche anno dopo, nel 1962, gli viene assegnata la frazione di San Pancrazio.

San Pancrazio

Dal 1962 San Pancrazio è l’unica frazione di Palazzolo sull’Oglio. Questa località è conosciuta storicamente perché pare che qui si trovasse una colonia di Cenomani, popolazione che abitava la Gallia Cisalpina.

Rocha Magna

La Rocha Magna era uno dei punti principali all’interno del sistema difensivo della media Valle dell’Oglio. È chiamato anche castello ma in realtà è una vera e propria rocca, cioè un presidio con funzione militare, costruito tra il IX e il X secolo.

Per lunghi secoli la Rocca è stata un baluardo difensivo di grande importanza. Quando Palazzolo è passato sotto la dominazione della Repubblica di Venezia, il senato decise di abbandonare la Rocca  perché eccessivamente costosa e poco funzionale. In seguito venne acquistata dal Comune e utilizzata per diversi scopi, tra cui quello d’internare persone sospettate di aver contratto la peste.

Nel 1813 la torre detta “Mirabella” venne demolita e la sua base è stata utilizzata per la costruzione della Torre del Popolo. Qualche decennio dopo, nel 1840, la Rocca venne acquistata da Giovanni Brescianini e passo da più mani private, fin quando nel 1990 la famiglia Kupfer decise di venderla nuovamente al Comune di Palazzolo sull’Oglio.

La Rocha Magna conserva ancora oggi la forma di un trapezio, con alte mura ricoperte da ciottoli. La cinge un ampio fossato che probabilmente non è mai stato riempito d’acqua ma è stato utilizzato anche come campo per il gioco del pallone.

Tre torri proteggevano la Rocha: la “Mirabella”, in seguito demolita, la Ruellina e la Torre della Porta del Soccorso. All’interno del cortile si trovava anche la Torre della Salvezza, un imponente mastio che aveva funzioni di difesa e di controllo.

Il cortile aveva al suo interno un pozzo, per l’approvvigionamento idrico, i depositi delle armi e le stalle. Nei sotterranei si trovavano dei camminamenti e uno di ronda si trovava lungo le mura.

Torre del Popolo

La Torre del Popolo inizialmente è stata pensata come torre campanaria della chiesa parrocchiale, solo in corso di progettazione è stato ritenuto più opportuno costruirla all’interno della Rocha Magna. Per farle posto è stata demolita la torre “Mirabella” e la sua base cilindrica è stata utilizzata per la nuova torre, in seguito diventata il simbolo di questo borgo.

In fase di costruzione gli architetti non riuscivano ad essere mai soddisfatti della costruzione e continuavano ad aggiungere metri in altezza, così oggi, con i suoi novantadue metri la Torre del Popolo di Palazzolo sull’Oglio è la torre civica campanaria a base cilindrica più alta d’Europa.

Nel 1825 venne aggiunta la cupola  e nel 1826 la torre venne completata con l’aggiunta della statua lignea di San Fedele, patrono del borgo. Sul finire dell’Ottocento, durante i festeggiamenti in onore del Giubileo indetto da Papa Leone XIII, in strada è divampato un incendio che ha distrutto la cupola e la statua. I lavori di ricostruzione sono iniziati subito e nel 1896 è stata posizionata la nuova statua del santo, una delle prime opere in galvanoplastica, realizzata dallo scultore Marco Antonio Ricci. Il processo di lavorazione è stato particolarmente complesso, soprattutto per le dimensioni della statua che è alta sette metri e pesa circa novecento chili.

Rocchetta

Tra il IX e X secolo a Palazzolo vennero costruite la Rocha Magna e la Rocha Parva, sulle due sponde contrapposte del fiume Oglio. La costruzione di due fortezze scaturì dall’esigenza di controllare gli accessi al fiume. Solo nel 1192 con la seconda pace di Mura e l’unificazione dei due nuclei urbani di Palazzolo la necessità di avere due impianti difensivi venne meno e la Rocha Parva cadde in disuso.

Oggi della Rocha Parva resta solo la Rocchetta, una torre difensiva che venne in seguito trasformata in un campanile con orologio.

Si accedeva alla Rocchetta dalla Porta Rochetae, che anticipava il carattere minaccioso della costruzione con doppi battenti rinforzati da chiodi e placche in metallo.

La torre non è omogenea, nel costruirla sono stati alternati blocchi di pietra a ciottoli di fiume e mattoni  e si conclude con la cella campanaria, che ha un tetto di legno e tegole.

Alcuni elementi architettonici raccontano ancora oggi la funzione militare di questa torre a base quadrata, sul lato occidentale si trovano le finestre monofore, utili a sorvegliare l’orizzonte; nel lato orientale si trovano i ganci in pietra di Credaro che sorreggevano le grate poste a protezione dei soldati.

Quando poi la Rocchetta venne trasformata in un campanile venne realizzata anche la scala a chiocciola che ancora oggi porta sopra la torre.

Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta

La chiesa di Santa Maria Assunta è stata costruita nella prima metà del’Settecento e da allora è la più imponente di Palazzolo sull’Oglio. Un secolo più tardi, tra il 1844 e il 1846 è stata realizzata la facciata, con nicchie e statue sacre, come quella dei profeti Isaia e Geremia che fiancheggiano il portale. Chiude il prospetto un bassorilievo che raffigura la Disputa tra i dottori.

La magnificenza di questo luogo di culto prosegue anche negli ambienti interni, in una linea continua che si caratterizza per la ricchezza di decori e opere artistiche di grande rilevanza.

L’impianto a croce latina è articolato in tre navate, lungo le pareti laterali sono situati otto altari. Domina su tutti la cupola che all’interno è stata decorata da Giovan Battista Gallizzi, pittore bergamasco del primo’Novecento.

L’altare maggiore è in marmi policromi ed è posto al centro del presbiterio, accanto si trovano due nicchie oggi vuote che ospitavano i busti di San Pietro e San Paolo, che in seguito sono stati trasferiti nella chiesa della SS. Trinità.

Tra gli altari il più importante è quello del Crocefisso, in cui trova un Crocefisso ligneo particolarmente caro ai fedeli che in passato veniva protetto da una tenda con decorazio dell’artista Antonio Paglia.

 Chiesa di San Giovanni e Cappella di San Rocco

Il complesso di San Giovanni è composto dalla chiesa omonima e da due cappelle, quella del Suffragio dei morti e quella di San Rocco. Nel corso del tempo questo complesso ha cambiato più volte aspetto, a causa dei rifacimenti che lo hanno interessato.

In passato la chiesa era circondata da alte mura che bloccavano gli accessi da più lati, era arricchita da un alto campanile che era in comunicazione con il vicino cimitero. Chiudeva la chiesa un tetto a capanna, sotto il quale si trovavano quattro archi a sesto acuto. Tutto questo venne eliminato con i lavori  di  restauro. Nel ‘Settecento venne demolito il tetto a capanna e gli archi interni, la chiesa rimase così vuota e venne aperta la parete che era in comunicazione con la Cappella del Suffragio delle anime, diventando un ambiente unico. Il campanile venne abbattuto e la sua base venne utilizzata per ampliare l’abside. Un nuovo campanile venne costruito sul lato opposto a quello precedente, venne innalzato più alto ma anche più sottile.

Gli interni della chiesa sono particolarmente ricchi di dipinti, come la pala d’altare che si trova nelle vicinanze della cappella del Suffragio dei morti e le tele che raffigurano  la morte di Maria e quella di san Giuseppe. L’opera più importante è però certamente il ciclo pittorico sulla vita di San Gerolamo Emiliano, non solo per il tema trattato ma soprattutto per l’utilizzo di modelli presi tra la gente del popolo, al fine di restituire un maggiore senso della realtà.

Adiacente alla chiesa di San Giovanni si trova la Cappella di San Rocco, che ha una storia a se stante rispetto al resto del complesso religioso.

San Rocco è il protettore degli appestati e quando una grave epidemia di peste colpì Palazzolo e il vicino rione di Mura, il popolo pensò di edificare un luogo di culto dedicato al santo.

La cappella era di forma quadrata, con un unico accesso caratterizzato da un arco a sesto acuto. Era di piccole dimensioni, probabilmente al centro si trovava l’altare in legno e una nicchia, presente ancora oggi, forse era un lavatoio utilizzato dal sacerdote o un luogo dove riporre il cestino delle offerte.

In seguito, per volere di San Carlo Borromeo, l’arco venne murato e trasformato in due ampie finestre con grate ai lati. La cappella diventò una sacrestia e in seguito le venne tolta anche questa funzione.

Per aprire un accesso tra la cappella e la chiesa di San Giovanni è stato gravemente danneggiato un affresco, questo è stato solo il primo dei danni che la cappella ha subito. I lavori di restauro della chiesa hanno fortemente minato l’equilibrio di questo luogo di culto.

Nel 1945 gli abitanti di Mura commissionarono nuovi dipinti, realizzati da mani sconosciute. Il più importante oggi è una tela che raffigura la Vergine con il bambino, alle spalle uno scenario irreale. Insieme alla Madonna sono stati raffigurati anche alcuni santi,  tra cui San Rocco mentre prega in ginocchio. Nella tela sono state inserite delle frasi, oggi non del tutto leggibili, che sembrano una preghiera alla Madonna affinché protegga il popolo dalle pestilenze.

La famiglia Duranti

A Palazzolo sull’Oglio la famiglia Duranti si è particolarmente distinta e viene oggi ricordata anche grazie agli edifici storici che ha lasciato in eredità al borgo.

La famiglia Duranti è arrivata a Palazzolo nel XV secolo, capofamiglia era Bartolomeo che nel 1442 sedeva tra le fila del Consiglio di Brescia e tra i suoi eredi conta personaggi illustri nel campo delle lettere, del clero e dell’arte.

Le dimore della famiglia Durati si trovano nei tre quartieri di Palazzolo. La più bella è quella situata a Riva, considerato uno dei palazzi più importanti del bresciano anche per il punto in cui è stato costruito. Qui il cardinale Durante Duranti, uomo eccelso di cultura e religione, nel XVIII secolo fondò la sua accademia.

Un altro edificio particolarmente importante è quello che comprende anche la “casa della congrega”. Si tratta di una dimora storica edificata nel XIII secolo caratterizzata da un prospetto con conci a vista, si racconta che qui era la sede dei confratelli umiliati di Palazzolo.

Il terzo palazzo della famiglia Duranti, situato nella Quadra di Mura, non ha avuto la stessa fortuna degli altri due. La sua bellezza architettonica è stata recisa quando nel 1826 la dimora è stata tagliata in due dalla costruzione della strada postale.

Durante Duranti

Letterati, uomini di chiesa, amanti dell’arte, la famiglia Duranti può contare tra i suoi membri persone importanti, tra le quali si distingue Durante Duranti, nato nel 1492.

Dopo aver preso i voti venne agevolato da un legame di parentela con papa Paolo III che lo volle come suo segretario personale. Venne nominato vescovo di Alghero, poi cardinale ed infine diventò vescovo di Brescia.

Amato ed odiato negli ambienti che frequentava, riuscì comunque ad attirarsi le simpatie del popolo e degli intellettuali del suo tempo. Morì a Brescia nel 1558.

Qualche secolo dopo, nel ‘Settecento, un altro Durante Duranti si distinse all’interno della famiglia, questa volta nel ramo della letteratura. Il suo talento letterario emerse fin dalla sua giovane età, quando iniziò a dimostrare anche una spiccata propensione per la scrittura. Si laureò in giurisprudenza a Bologna ma tornò a Brescia per continuare ad inseguire la sua passione. Scrisse rime, sonetti e tragedie ma è con il poema L’Uso che si conquista l’attenzione degli ambienti colti. Morì a Palazzolo nel 1780.

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Le Esse

I profumi e i sapori più buoni sono sempre legati ad una storia bella, di quelle che si ascoltano cento e più volte solo per il piacere di farlo. È il caso delle Esse di Palazzolo sull’Oglio, biscotti da forno con una storia centenaria.

Negli anni Trenta del ‘Novecento Ugo Rossi faceva il garzone in una bottega, era un uomo buono a cui piaceva fare amicizia con le clienti. Proprio una di queste una mattina gli consegnò la ricetta delle Esse.

La storia fece il suo corso, nel mezzo ci passò il torrente in piena della seconda guerra mondiale che trascinò l’Italia fino al dopo guerra. Erano ormai tutti stanchi e acciaccati ma Ugo Rossi non si perse d’animo e insieme a sua moglie decise di ripartire avviando un laboratorio per la produzione e la vendita di Esse.

Ancora oggi le vere Esse vengono prodotte solo a Palazzolo sull’Oglio, nella bottega della famiglia Rossi che custodisce gelosamente la ricetta originale.

Ingredienti

  • 150 gr di farina 00;
  • 100 gr di burro;
  • 30 gr di zucchero semolato;
  • 30 gr di zucchero a velo vanigliato;
  • Un uovo;
  • Mezzo cucchiaino di miele d’acacia;
  • Mezzo cucchiaino di lievito;
  • Scorsa grattugiata di mandarino q.b.;
  • Un pizzico di sale.

Preparazione

Lasciare il burro fuori dal frigo almeno per un’ora, a temperatura ambiente, per farlo ammorbidire. Con l’aiuto di una frusta elettrica lavorarlo per circa dieci minuti, aggiungendo lo zucchero semolato e lo zucchero vanigliato ed infine l’uovo. Il risultato dovrà essere un composto spumoso, a cui si andrà ad aggiungere un pizzico di sale, la scorsa di mandarino, il miele ed infine lievito e farina setacciati. Con tutti gli ingredienti nelle ciotola continuare a montare con la frusta per almeno cinque minuti, fino ad ottenere un impasto corposo che si dovrà mettere in una sac a poche con beccuccio stellato.

Predisporre una teglia rivestita di carta forno e con la sacca fare delle piccole Esse, non troppo vicine. Riscaldare il forno a 180° e poi infornare la teglia, lasciando cuocere per circa tredici minuti. L’ideale è utilizzare un forno ventilato.

Dev’essere senz’altro questa la ricetta del buon umore.

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