Il Borgo di Presicce Acquarica
Quella tra Acquarica e Presicce è una storia di amicizia che ha origini antiche. Questi due borghi sono stati da sempre autonomi, due identità e due storia che in fondo si sono sempre un po’ mescolate tra loro, come due colori ad olio troppo vicini.
Acquarica è uno dei primi comuni del Capo di Leuca, porzione del Salento che si addentra sempre più giù, fino a Santa Maria di Leuca. Piccolo ed essenziale, Acquarica è un borgo semplice come la chiesetta della Madonna dei panetti e i resti della masseria Celsorizzo che anticipano l’abitato e la sua essenza.
Un lungo asse unisce ad Acquarica Presicce. Qui la produzione di olio ha modellato una storia diversa, che si snoda attraverso i frantoi ipogei distribuiti nel sottosuolo eattraverso le case a corte che raccontano la vita dei contadini. Un altro lato della storia di Presicce la narrano invece i palazzi gentilizi di via Gramsci e il Palazzo Ducale Paternò, con i suoi decori raffinati e il giardino all’italiana che risplende di fascino ancora oggi. Da qui ci si affaccia sul barocco candido della chiesa di Santa Andrea e sulla statua del santo che dall’alto protegge Presicce.
Presicce e Acquarica sono due borghi e un unico cuore, che pulsa di vita e di bellezza.
Storia di Presicce
Quasi certamente è stata la presenza di sorgenti in superficie a favorire l’insediamento di popoli preistorici in questo territorio. Con il passare dei secoli nel territorio di Presicce si formarono tre casali: il casale di Cardigliano, quello di Carpignano e quello di Pozzo Mauro, che prende il nome dalla porzione di Serre Salentine che si trova in prossimità di questo borgo.
È solo con il medioevo e con l’arrivo dei Normanni che viene ufficialmente fondata Presicce. Tra il VII e l’VIII secolo il borgo è stato fortificato e il territorio paludoso è stato bonificato.
Dall’istituzione del feudalesimo fino alla sua abolizione sono stati tante le signorie ad aver amministrato il contado di Presicce.
Con il passare del tempo il borgo si sviluppa intorno all’asse viario principale che è anche quello che conduce verso Santa Maria di Leuca. Qui vengono costruite le case a corte e i palazzi signorili più importanti, espressione delle due anime che convivevano a Presicce.
La presenza dei numerosi frantoi ipogei raccontano invece di un borgo la cui economia era basata principalmente sull’agricoltura e sulla produzione di olio lampante, che serviva ad accendere i lumi di tutta Europa. Gli ulivi e l’olio hanno permesso agli abitanti un tenore di vita abbastanza agiato.
Le bellezze di Presicce e la presenza degli ipogei permettono ancora oggi a questo borgo di avere un fascino tutto suo e di essere una della città più visitate del Salento.
A pochi passi da Presicce si trova Acquarica, un altro comune di piccole dimensioni. Per la vicinanza culturale e di intenti un referendum a maggio 2019 ha sancito l’unione dei comuni di Acquarica e Presicce.
Storia di Acquarica
Come ricorda anche il toponimo quello di Acquarica doveva essere un territorio ricco di acqua e di sorgenti che affioravano in superficie. Questo favorì i primi insediamenti preistorici che sono testimoniati da alcuni ritrovamenti nella caverna della Madonna della grotta, dove si trovano anche raffigurazioni di epoca bizantina.
In questo territorio erano presenti tre antichi casali e solo quando questi caddero in disuso, intorno al VI secolo, gli abitanti fondarono Acquarica de Lama. L’appellativo “de lama” indica la presenza di una laguna che in seguito è stata assorbita dalla formazione di una voragine naturale che ancora oggi esiste ed assorbe le acque, evitando la formazioni di paludi.
Acquarica seguì la storia degli altri borghi vicini e il susseguirsi di dominazioni di genti straniere, fino a giungere ai Borboni. Allo stesso modo sono state tante anche le signorie che hanno detenuto il feudo di Acquarica. Tra i feudatari si è distinto un membro della famiglia Centellas che per un periodo diede al borgo il proprio nome. Finito il periodo del suo governo il borgo torno al suo nome originale, con una variazione: da questo punto in poi si chiamò Acquarica del Capo, per distinguersi da Acquarica di Lecce.
Lo scorrere della vita ad Acquarica è contrassegnato da una tranquillità di fondo.
Da maggio 2019 il nome e la storia di Acquarica hanno subito un ulteriore sterzata, in seguito all’unione con la vicina Presicce.
Palazzo Ducale Paternò – Presicce
Il commercio di olio è alla base della ricchezza del popolo di Presicce, fin delle sue origini. Se ne sono accorti i Normanni, che per proteggere il traffico di questo prezioso condimento, costruirono una fortezza dal carattere burbero ed austero.
Negli anni a venire, il palazzo divenne dimora dei signori feudatari di Presicce, dei Gonzaga e dei de Liguori, che provarono a rimaneggiare l’edificio per addolcirne i tratti e renderlo una dimora nobile ed elegante.
Le logge sono state arricchite da decorazioni barocche e i cornicioni hanno assunto tratti morbidi e sinuosi, ma la vera pietra preziosa del palazzo è il giardino all’italiana. Oltrepassato uno dei quattro portali, sembra di tornare indietro in un tempo in cui nobili dame passeggiavano per il giardino, all’ombra di un ombrellino color pastello. Dal sedile centrale, sotto i glicini pendenti, si può ammirare la delicata bellezza di questo eden, mentre il vento porta i dolci profumi degli aranci e dei mandarini.
Il balcone offre la visione di un belvedere sulle case patrizie e sulla chiesa di Sant’Andrea che strizza l’occhio ai visitatori e si mostra con civetteria ed eleganza.
Frantoi ipogei di Presicce
Il patrimonio di Presicce ha il colore giallo oro dell’olio d’oliva, sul suo sapore vellutato e sul suo odore pungente questa comunità ha saputo costruire la sua ricchezza.
Non c’è olio d’oliva in Salento che non racconti una storia di agricoltori e soprattutto di frantoi ipogei che disseminati qua e là per il territorio, trovano a Presicce la loro massima espressione.
I sassi della serra di Pozzomauro hanno ospitato i primi frantoi ipogei di Presicce, scavati a mani nude, testimoni di una piccola comunità che con grande fatica ha resistito all’invasione dei saraceni.
Con il passare degli anni l’intensa produzione di olio ha richiesto maggiore organizzazione, la popolazione del villaggio nato sulla serra decide quindi di spostarsi a valle, lungo la “via pubblica”, dove tutt’ora si trovano la maggior parte degli ipogei di Presicce.
Le infiltrazioni d’acqua e le scarse condizioni igieniche hanno portato al disuso di questi frantoi, tuttavia Presicce non ha dimenticato le sue origini; i trappeti ipogei sono stati parte integrante della rivalutazione di questo piccolo borgo, un luogo che sa di piaceri poveri come l’olio nuovo sul pane croccante.
Chiesa di Sant’Andrea
Sant’Andrea apostolo, patrono di Presicce, osserva i suoi fedeli dall’alto della sua colonna. A lui è dedicata la chiesa madre del paese, con una facciata in stile Barocco che allo stesso tempo non rinuncia ad essere sobria ed elegante, grazie anche al color perla delle mura.
L’interno è arricchito da tele importanti e da un imponente altare centrale in marmo, inoltre la chiesa si pregia di avere le fonti battesimali donate da francesco I di Borbone all’illustre Michele Arditi.
La chiesa di Sant’Andrea apostolo è stata ricostruita dalle rovine della chiesa precedente, gravemente danneggiata da un terremoto che l’ha colpita nel 1743. Nonostante la calamità, il popolo si è rimesso all’opera per curare la ferita e in pochi anni ha potuto inaugurare quella che è l’attuale chiesa matrice. Unico sopravvissuto al disastro è stato il campanile in stile rinascimentale, che è stato inglobato nella costruzione successiva, con fierezza ed orgoglio reca in alto lo stemma del paese, ed è simbolo di una comunità forte che non si arrende.
Chiesa di Santa Maria degli Angeli
Fuori dalle mura cittadine incontriamo la chiesa di santa Maria degli Angeli. Un edificio sacro dai tratti semplici e rigorosi, costruita sul finire del seicento dai padri riformatori che vivevano nel convento vicino.
La chiesetta si trova sul tracciato della via Francigena, che dal nord della Francia conduceva i pellegrini al santuario della Madonna di Leuca. Nonostante il suo valore storico e religioso, questa piccola chiesa è stata derubata delle bellezze artistiche che i padri le avevano donato. Oggi custodisce un altare in legno d’incantevole bellezza, un crocefisso intagliato che raffigura il Cristo Patiense alcuni affreschi.
Le recenti opere di ristrutturazione hanno portato alla luce i tratti aurei di alcuni affreschi bizantini, ricompensando, in parte, quest’affascinante luogo del torto subito nel tempo.
Castello di Acquarica
È stata la famiglia Bonsecolo a volere una prima costruzione fortificata ad Acquarica, probabilmente si trattava di una cinta muraria che aveva in un torrione il suo principale baluardo di difesa.
Solo in seguito, in epoca medievale, è stato costruito il castello di Acquarica, a pianta quadrata, con lunghe mura e quattro torri angolari, delle quali solo una è giunta a noi.
Con l’avvicendarsi dei secoli il castello è stato più volte rimaneggiato, secondo le modo e i gusti dei tempi. Di questi rimaneggiamenti restano ancora tracce qua e là per il castello.
La sala di rappresentanza è caratterizzata da un solaio con travi in legno, sostenuto da archi a tutto sesto. Barocco è il portale che introduce alla sala da pranzo del piano nobile.
Sono state tante le famiglie che hanno posseduto il castello di Acquarica, tante quante le signorie che hanno avuto il feudo. Tra i feudatari si ricorda in particolare Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto e signore di Acquarica nel 1342.
Ultima proprietaria del castello è stata la famiglia Colella che nel 1980 ha venduto il castello al comune di Acquarica del Capo. In seguito all’acquisizione è stato avviato un progetto di restauro dell’edificio.
Chiesa della Madonna dei Panelli o dei Panetti
Su uno degli ultimi lembi dell’abitato di Acquarica si trova la piccola chiesetta della Madonna dei Panelli o dei Panetti. Qui in tempi remoti si trovava il casale di Cieciovizzo, di cui resta ancora qualche traccia nella masseria poco distante dalla chiesa.
Questo luogo di culto è di origine medievale, databile intorno al XII secolo, anche se alcuni studiosi sostengono che si possa far risalire anche al X secolo. Ancora incerta è l’origine del nome, alcuni sostengono che il termine “panetti” derivi dal fatto che in un terreno vicino si coltivava il grano con cui poi si faceva il pane per i più poveri.
Questa chiesa è senza uno dei luoghi di culto più affascinanti del sud Salento, nonostante le sue dimensioni ridotte e nonostante la sua semplicità. È una chiesa con un’unica aula, senza navate eppure è una chiesetta rara perché qui si trovano due absidi, una scelta unica nel Capo di Leuca e senza dubbio rara anche in tutto il Salento.
La presenza di due absidi si potrebbe spiegare attraverso un frammento di ricostruzione storica. Quando in questa terra giunsero i Normanni era diffuso il rito greco e nonostante i nuovi dominatori praticassero il rito latino, capirono che era meglio non imporre la propria cultura ma semplicemente lasciare che quest’ultima assorbisse pian piano lo strato socio culturale presente, fino a cancellarlo del tutto. Così venne costruita questa chiesa con due absidi, uno per celebrare il rito greco ed uno per il rito latino.
La chiesa probabilmente faceva parte di una costruzione più ampia ma non si può sapere con certezza. Quella che oggi vediamo è una ricostruzione dovuta ad un crollo dell’edificio. è probabile anche che questa chiesa comprendesse un cimitero esterno, come del resto era consuetudine per l’epoca.
L’interno della chiesa è una linea continua con i tratti semplici del prospetto esterno. Nei due catini sono presenti tracce di affreschi dal gusto bizantino, non in ottime condizioni. Nel catino di destra, quello più antico, si vede la figura di San Giovanni Battista che ha tra le mani una pergamena in cui in greco si legge “io sono colui che grida nel deserto” una verso tratto dal vangelo di San Marco e riferito alla profezia di Isaia.
Nel catino di sinistra si intravedono tre figure. Si riconosce la presenza del Cristo Pantocratore, di un santo francescano, probabilmente San Francesco, e di un vescovo. Tra queste figure poi si trovano anche tracce di affreschi più remoti, coperti in seguito da una nuova decorazione pittorica.
Nella parete di nord si vede invece la raffigurazione di San Nicola di Myra, forse unica immagine rimasta di un ciclo intero sul santo d’oriente.
Masseria di Celsorizzo
Qui un tempo c’era il casale di Cesovizzo, uno dei tre casali da cui ebbe origine Acquarica. Il casale era ancora presente a metà del ‘Cinquecento, quando Fabrizio Guarino, signore di Acquarica, fece costruire una torre colombaia. Qualche decennio più tardi, nel 1615 il casale non è più menzionato nei documenti, probabilmente perché non era considerato una struttura difensiva e quindi non era degno di nota.
La masseria oggi è un rudere che mantiene ancora il suo fascino. Ai piedi di una torre si trova la chiesetta di San Nicola, il più antico luogo di culto di Acquarica, risalente all’XI secolo. La chiesa era adibita al rito greco, come testimonia la presenza di un affresco che raffigura San Nicola con in mano le tavole della legge scritte in greco. Sotto di lui altri due santi hanno sempre in mano un cartiglio in lingua greca.
Popolo di Mascarani
Lo iusprimaenoctis è una delle pratiche più discusse del medioevo, alcuni dicono che sia solo una leggenda, altri raccontano che sia stato in vigore fino a tempi recenti; vero o no che sia, questo sopruso medievale s’intreccia strettamente con la storia di Presicce.
Narrano gli anziani una leggenda passata di bocca in bocca, di un giovane innamorato e di una sposa novella che doveva concedersi al Duca del tempo, in virtù di questo antico privilegio che si arrogava. L’amore rende difficile accettare un simile oltraggio, così il giovane marito approfittò dei festeggiamenti in onore del carnevale e, mascherato tra la folla, attese che il signore s’affacciasse dal balcone per poi sparargli e scappare tra le altre maschere, mentre il duca s’accasciava morente.
Per questa storia di sangue e d’onore, il popolo di Presicce è conosciuto nel Salento con il soprannome di Mascarani
Michele Arditi
Michele Arditi, nato nel 1746, è l’uomo più illustre a cui Presicce abbia dato i Natali.
È stato un uomo colto e di grande intelletto. Ha studiato diritto a Napoli ma la sua vera passione è stata l’archeologia: un seme che è germogliato in lui dal riformismo napoletano ed è stato innaffiato dal fascino dell’inizio degli scavi di Ercolano e Pompei.
Abbagliato dalla luce dell’illuminismo colto, divenne uno tra gli eruditi più importanti del Regno di Napoli e oltre. Le sue lettere con importanti corrispondenti del tempo sono piene di un amore cieco e assoluto per i suoi studi e per le sue ricerche, ma anche per il suo lavoro di direttore del museo di Napoli e di soprintendente degli scavi archeologici di Paestum.
Per trovare terreno fecondo di cultura e di animi avidi di sapere, acquistò il feudo di Castelvetere e diventò Marchese per nomina regia, riuscendo così a continuare nella sua intensa attività di otium.
La sua luce di cultura si spense a Napoli, nel 1838, ancora oggi riposa nella Chiesa di San Sebastiano, in una tomba scolpita per lui da Antonio Canova.
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